I grandi del basket, Nate ‘Tiny’ Archibald

Un talento come quello di Nate Archibald, detto Tiny, avrebbe meritato miglior fortuna sui parquet a stelle e strisce. A mortificarne le potenzialità fu la “reclusione” in squadre poco ambiziose e scarsamente attrezzate per la conquista del titolo finale.

Tiny cominciò a mostrare il proprio talento nella University of Texas di El Paso, polverizzando un record dopo l’altro e mettendo a segno una media di 37,3 punti nella stagione ’69. Con la canotta dell’UTEP Miners conquistò il titolo NCAA, battendo in finale l’Università del Kentucky, nettamente favorita alla vigilia e sicura ormai della vittoria finale.

Una gara che viene ancora oggi ricordata dagli appassionati di basket, poiché il quintetto dei Miners era composto esclusivamente da ragazzi neri, in un’epoca in cui lapallacanestro era uno sport per bianchi e  l’integrazione razziale era solo un sogno (la vicenda ha ispirato il film Glory Road – Vincere cambia tutto).

I grandi del basket, Gregor Fučka

Non ha mai varcato i confini del Vecchio Continente, come hanno fatto diversi colleghi nel tentativo di misurarsi con il basket NBA, ma Gregor Fučka è considerato ugualmente uno dei più forti cestisti degli ultimi venti anni, uno dei più grandi a livello europeo.

Sloveno di nascita, naturalizzato italiano, Gregor ha rappresentato degnamente i colori azzurri nel corso delle manifestazioni internazionali, sin da quando vestiva la maglia della Nazionale Juniores.

Il mondo del basket nostrano cominciò ad accorgersi delle sue enormi potenzialità sin al 1990, quando esordì con la canotta della Stefanel Trieste. Nessun successo di squadra nei quattro anni passati alla corte di Tanjevic – nonostante il grande affiatamento con Dejan Bodiroga – ma progressi tangibili per questo spilungone di 215 centimetri, che sapeva come farsi valere sia in fase di attacco che nel gioco difensivo.

I grandi del basket, Mark Aguirre

La rubrica dedicata ai grandi del basket fa tappa ancora una volta a Detroit, dove a cavallo tra gli anni ’80 e gli anni ’90 furoreggiava la banda dei Bad Boys, tanto ruvidi quanto vincenti sui parquet di mezza America. Tra questi spiccava il nome di Mark Aguirre, ala piccola e potente, dotata di un’ottima capacità realizzativa, tanto da infilare un record dopo l’altro in quegli anni di gloria.

Aguirre veniva dalla precedente avventura con la canotta dei Dallas Maverikcs, che lo pescarono nel 1981 dalla De Paul University (24,5 punti a partita), trasformandolo in un vero e proprio idolo della tifoseria.

Nei nove anni trascorsi in Texas Mark collezionò una serie impressionante di prestazioni al di sopra della media, risultando quasi sempre il miglior marcatore della franchigia. I Mavericks non erano attrezzati per la vittoria finale nell’NBA, ma Aguirre trovò ugualmente il modo di mettersi in mostra agli occhi del mondo.

I grandi del basket, Yao Ming

Talento da vendere, ma anche una buona dose di sfortuna, che lo ha accompagnato per quasi tutta la carriera professionistica. Yao Ming, il cinese del basket, un predestinato sin dalla tenera età. quando doveva chinarsi in avanti o accomodarsi su una sedia per partecipare alle chiacchierate con i compagni.

Con una mole decisamente superiore alla media non poteva far altro che scegliere il basket come sport da praticare, seguendo le orme dei genitori, anch’essi cestisti di discreto livello.

Dopo aver mosso i primi passi nello Shanghai Sharks, Yao Ming venne notato e scelto dagli Houston Rockets, che contavano di sfruttare i suoi 229 centimetri di altezza per sovrastare gli avversari sul parquet. Il centro cinese portò una ventata di freschezza nel basket americano, unitamente ad una certa dose di curiosità e di simpatia per via delle origini asiatiche così rare nell’NBA.

I grandi del basket: Isiah Thomas

Un’intera carriera con la canotta numero 11 dei Detroit Pistons, che lo scelsero nel 1981, dopo averlo visto giocare negli Indiana Hoosiers. Lui è Isiah Thomas, non proprio un gigante in altezza (solo 180 centimetri), ma una capicità di leggere il gioco come pochi altri nella storia del basket a stelle e strisce.

Il mondo si accorse dell’esistenza di questo piccoletto nei play-off del 1984, quando i Pistons erano opposti ai New York Knicks. Mancava un minuto e mezzo alla fine della gara e Detroit era schiacciata e destinata alla sconfitta. Ma Thomas, evanescente fino al quel momento della gara, venne colto da una sorta di “raptus” realizzativo, che lo portò a siglare ben 16 punti in 94 secondi.

16 punti che valsero il prolungamento della partita e poco importa se poi all’over time si imposero i Knicks, perché ormai Isiah era entrato nella storia.

I grandi del basket, Adrian Dantley

2.223 punti messi a segno in soli tre anni, quando frequentava la University of Notre Dame. Un biglietto da visita di tutto rispetto che gli valse la convocazione in nazionale per le Olimpiadi di Montreal nel 1976. Lui è Adrian Dantley, laureatosi campine olimpico negli anni in cui i professionisti non potevano partecipare alla manifestazione e capace di mettersi in mostra come una delle migliori ali piccole del torneo.

I buoni risultati ottenuti gli aprirono la strada verso il professionismo, grazie alla chiamata dei Buffalo Braves, squadra senza troppe ambizioni e poco attrezzata per la conquista del titolo finale.

Ma questo non impedì a Dantley di emergere dalla massa e di laurearsi Rookie dell’anno nel 1977, anno che segnò anche il suo passaggio agli Indiana Pacers, dove rimase per meno di mezza stagione.

I grandi del basket, Kevin Willis

Nell’NBA ci sono diversi esempi di longevità, ma sono ben pochi i casi di giocatori capaci di restare sul paequet per 21 stagioni. Uno di questi è Kevin Willis, centro imponente di 213 centimetri, nato a Los Angeles, ma trasformato in giro per varie città americane.

Ad accorgersi per primi delle sue potenzialità furono gli Atlanta Hawks, che lo scelsero nel 1984 per farne una delle colonne portanti della squadra. Ad Atlanta Willis trovò il compagno ideale in Dominique Wilkins, altro beniamino del pubblico di casa.

Insieme i due trascinarono la squadra per diverse stagioni, pur non arrivando mai alla conquista del titolo finale. In particolare Willis seppe ritagliarsi un ruolo da protagonista, arrivando spesso in doppia cifra sia nei punti messi a segno che nei rimbalzi conquistati.

I grandi del basket, Robert Parish

Un gigante del basket, dall’alto dei suoi 215 centimetri di altezza. Un gigante anche in senso metaforico, per quello che ha saputo fare nel corso della lunghissima carriera. Robert Parish ha lasciato un’impronta incancellabile sui parquet di mezza America, tanto che ancora oggi viene ricordato come uno dei più grandi centri della storia.

Lo chiamavano The Chief, il Capo, per via della somiglianza con un personaggio del film Qualcuno volò sul nido del cuculo. Soprannome quanto mai azzeccato, visto che la sua presenza in campo si faceva sentire, un po’ per la stazza imponente ed un po’ per la capacità unica di rendere semplici anche le giocate impossibili e per l’eleganza dei suoi tiri in sospensione.

I grandi del basket, Pete Maravich

In dieci anni di carriera tra i professionisti non è mai riuscito a salire sul tetto del mondo, ma Pete Maravich si è guadagnato comunque sul campo il diritto di accesso nella cerchia dei migliori del basket americano. Per su sfortuna non giocò mai in squadre ambiziose, sia a livello universitario che nella NBA, ma il suo nome riecheggia ancora oggi nei palazzetti di mazza America, quando si parla di gioco spettacolare, classe sopraffina e capacità realizzaiva con pochi eguali nella storia.

Pete Maravich infiammava i cuori dei tifosi già ai tempi del college, quando alla Lousiana State University infilava una serie impressionante di canestri nella squadra delle matricole. I 50 punti di media a partita mettevano in serio imbarazzo la squadra titolare, ma anche i sostenitori della regola che impediva alle matricole di giocare con i “grandi”.

Ma per Maravich venne il tempo di debuttare in prima squadra, come medie che sfioravano i 45 punti a partita (44,2 per la precisione), che lo portarono ad un totale di 3.667 punti in soli tre anni. Un record per NCAA, se si considera che all’epoca non esisteva il tiro da tre.

I grandi del basket, Bob Cousy

Il libro  del basket è pieno zeppo di storie di atleti destinati a carriere modeste, divenuti poi delle vere e proprie leggende grazie ad uno strano scherzo del destino. E’ la storia, ad esempio, di Bob Cousey, scartato dai Boston Celtics nel 1950. scelto dai Tri-Cities Blackhawks, girato ai Chicago Stags e – dopo il fallimento della franchigia – finito per ingrossare le fila dei Celtics.

All’epoca in pochi avrebbero scommesso su quel playmaker minuto e poco fornito atleticamente (185 centimetri per 80 chili di peso), ma Bob fece ricredere il mondo intero, diventando in breve tempo una delle colonne dei verdi di Boston negli anni della cosiddetta Dinastia.

Incredibile senso della posizione, capacità di ribaltare il gioco, velocità di pensiero e di azione, Cousy divenne il centro del gioco dei Celtics, esaltando le doti di compagni che rispondevano ai nomi di Ed Macauley, Bill Sharman e Bill Russell. Decine e decine di assist serviti per l’attacco (19 in una sola gara nel 1959) ed anche una buona capacità realizzativa, specie nei tiri liberi, dei quali Cousy era un vero specialista (30 punti dalla linea dei liberi in una partita del ’53).

I grandi del basket, Kevin McHale

Non il più grande cestista in assoluto, ma sicuramente tra i migliori che abbiano mai calcato i parquet del basket americano. Parliamo di Kevin McHale, formidabile ala grande dei Boston Celtics, capace di trascinare i verdi sul tetto d’America per più di un decennio, al fianco di Larry Bird e Robert Parish.

Un americano “di importazione”, se si considerano le origini croate della madre ed irlandesi del padre, ma americano a tutti gli effetti, non solo per cittadinanza, ma anche per la capacità di trattare il pallone a spicchi come pochi altri nella storia della pallacanestro.

E dire che McHale aveva di fronte a sé una fantastica carriera nell’hockey su ghiaccio, vista la grande passione che riponeva sin da piccolo per mazza e disco. Ma l’altezza al di sopra della media gli consigliò ben presto di dedicarsi al basket, sport che gli permise di togliersi numerose soddisfazione nel corso della carriera.

I grandi del basket, Alonzo Mourning

Una mole imponente, un futuro già scritto sin da quando muoveva i primi passi alla Georgetown University, portando a spasso quei 2o8 centimetri di altezza. Lui è Alonzo Mourning, uno dei più grandi centri della sua generazione, sebbene la concorrenza negli anni a cavallo del nuovo millennio fosse agguerrita e ben armata.

A puntare sulle sue capacità furono per primi gli Charlotte Hornets, squadra senza troppe ambizioni, ma comunque ben posizionata nella Esatern Conference. L’impatto di Mourning con il mondo dei professionisti fu eccezionale, se si considera la media di 21 punti e di 10 rimbalzi a partita.

Grazie a lui gli Hornets riuscirono a qualificarsi per i play-off ed a superare il primo turno, prima di essere eliminati dai New York Knicks. La stagione successiva non fu proprio esaltante per Charlotte, sebbene Alonzo sfornasse prestazioni al di sopra della media.

I grandi del basket, Glen Rice

Molte canotte indossate in carriera, pochi titoli vinti, ma la consapevolezza di essere uno dei più grandi cestisti cresciuti sui parquet americani. Lui è Glen Rice, cresciuto a pane e pallone a spicchi nella University of Michigan, dove polverizzò un record dopo l’altro, portando il college alla vittoria nella Final Four del 1989.

Ottima capacità realizzativa sia da sotto che da lontano, tanto che nei quattro anni di college riuscì a mettere a segno la bellezza di 2442 punti. Nessuno come lui prima di allora, nessuno come lui negli anni seguenti, tanto che ancora oggi l’istituto sta cercando il suo erede.

Numeri che fanno impressione e che non potevavo non attirare l’attenzione delle franchigie dell’NBA, prima fra tutte Miami Heat, che scelse di puntare sulle sue prestazione alla fine degli anni ottanta. I Miami in quegli anni non rappresentavano il meglio del basket a stelle e strisce e Rice risentì della mancanza di esperienza della squadra. Nonostante ciò, le sue prestazioni furono sempre al top, specie nell’ultima stagione, quando riuscì a mettere a segno ben 56 punti in un solo incontro, con sette triple su otto infilate nel cesto.

I grandi del basket, Elvin Hayes

Duecentosei centimetri di altezza e 107 chili di peso. Un destino segnato quello di Elvin Hayes, che sin da ragazzo mostrava doti atletiche al di sopra della media ed una capacità realizzativa con pochi eguali tra i coetanei.

Fantastici i suoi tre anni al college, quando con la canotta dell’University of Houston riuscì a stabilirsi sulla media di 30,1 punti a partita. Nell’ultimo anno si tolse anche la soddisfazione della vittoria nella NCAA, battendo il finale la favoritissima UCLA, squadra nella quale militava il giovane Lewis Alcidor, divenuto poi famoso con il nome di Kareem Abdul-Jabbar.

39 punti e 15 rimbalzi per l’ala grande di Houston nell’atto finale del campionato universitario. Una prestazione che non poteva passare inosservata agli occhi dei grandi club, tanto che la chiamata da parte dei San Diego Rockets non tardò ad arrivare.