I grandi del basket: Isiah Thomas

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Un’intera carriera con la canotta numero 11 dei Detroit Pistons, che lo scelsero nel 1981, dopo averlo visto giocare negli Indiana Hoosiers. Lui è Isiah Thomas, non proprio un gigante in altezza (solo 180 centimetri), ma una capicità di leggere il gioco come pochi altri nella storia del basket a stelle e strisce.

Il mondo si accorse dell’esistenza di questo piccoletto nei play-off del 1984, quando i Pistons erano opposti ai New York Knicks. Mancava un minuto e mezzo alla fine della gara e Detroit era schiacciata e destinata alla sconfitta. Ma Thomas, evanescente fino al quel momento della gara, venne colto da una sorta di “raptus” realizzativo, che lo portò a siglare ben 16 punti in 94 secondi.

16 punti che valsero il prolungamento della partita e poco importa se poi all’over time si imposero i Knicks, perché ormai Isiah era entrato nella storia.

Negli anni successivi Thomas sperimentò sulla propria pelle la superiorità dei Boston Celtics di Larry Bird, usciti vittoriosi dalla serie contro i Pistons sia nella semifinale di Conference del 1985 che nella finale di Conference del 1987. Il riscatto si consumò nel 1988, quando i Detroit Pistons riuscirono finalmente a raggiungere le finali NBA, battendo proprio i Boston Celtics.

La delusione arrivò però nella serie finale, considerando che la squadra da battere era rappresentata dai Los Angeles Lakers. I Pistons riuscirono a portare la serie fino a gara 7, ma alla fine della fiera si ritrovarono sconfitti dalla squadra che poteva contare sulle prestazione di campioni del calibro di Magic Johnson e Kareem Abdul-Jabbar.

Ma il titolo per i Bad Boys (così erano chiamati Thomas, Joe Dumars, Rick Mahorn, Vinnie Johnson, Dennis Rodman, James Edwards, John Salley, Bill Laimbeer, e Mark Aguirre per il gioco ruvido che mettevano sul parquet) era ormai prossimo. La squadra aveva trovato il giusto equilibrio e nel 1989 nessuno riuscì a fermare la fame di successo di una franchigia capace di collezionare ben 63 vittorie in 82 partite. Il 4-0 ai Lakers nella serie finale la dice lunga sulla forza dei Pistons in quella stagione, bissato poi l’anno successivo con il secondo titolo consecutivo.

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