I grandi del basket, Dejan Bodiroga

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Tra i giocatori più rappresentativi del basket europeo merita una menzione particolare Dejan Bodiroga, ala piccola ricordata con nostalgia in Italia dai tifosi di Trieste, Milano e Roma. Il serbo arrivò quasi per caso nel Belpaese, a causa dello scoppio della guerra nella ex Jugoslavia, ma trovò subito il modo di mettersi in mostra, nonostante i suoi 19 anni, venendo ingaggiato dalla Stefanel Trieste, allenata all’epoca dal connazionale Bodgan Tanievic.

Nessun trofeo sollevato nelle due stagioni con Trieste, ma una serie di ottime prestazioni , condite da record difficilmente eguagliabili, come i 51 punti messi a segno contro la Viola Reggio Calabria nel 1993. L’anno della svolta fu il 1994, quando Bodiroga venne ingaggiato dall’Olimpia Milano, con la quale riuscì a conquistare un campionato italiano (suo il tiro allo scadere che regalò il tricolore ai meneghini) nel 1996.

Dopo l’esperienza all’ombra della Madunina, il giramondo serbo decise di tentare l’avventura spagnola, accettando la corte del Real Madrid, prima di trasferirsi per ben quattro anni in Grecia, alla corte del Panathinaikos. Furono anni densi di soddisfazioni per Bodiroga, che con la canotta dei greci contribuì alla conquista di tre campionati e due Coppe dei Campioni.

Non meno ricche di successi le tre stagioni con il Barcellona, club con il quale vinse due campionati spagnoli, una Coppa di Spagna, una Supercoppa di Spagna ed una Coppa dei Campioni. Dopo la scorpacciata di trofei n giro per l’Europa, Dejan fece ritorno in Italia, dove venne accolto dalla Virtus Roma, diventando il vero idolo dei tifosi locali (memorabile la lunghissima standing ovation tributatagli dal Palalottomatica nel momento dell’addio).

Una carriera condita anche da due titoli mondiali, tre titoli Europei ed un argento olimpico con la nazionale.
Una carriera straordinaria per un giocatore che avrebbe sicuramente trovato spazio anche nella NBA, se solo avesse deciso di accettare l’offerta dei Sacramento Kings nel 1995. Ma Bodiroga decise di restare in Europa e – palmares alla mano – non si può dire che abbia avuto torto.

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