I voti del Dream Team di Londra: Durant MVP, la star del 2012 è James

Top scorer e risolutore, è passato con la stessa sicurezza dal mondiale in Turchia al Dream Team di Londra dove i suoi canestri sono stati decisivi nella finale con la Spagna. La vera sorpresa è Kevin Love

Kevin Durant 10 – MVP ai mondiali in Turchia, MVP al debutto nel Dream Team, continuità impressionante, migliore come marcatore (156 p), tiri liberi (24/27, 88,9%), stoppatore (5), solo 8 perse (1 per gara), 2° rimbalzista (46), micidiale cecchino da 3 (36/45, 52%!) più che mai l’uomo in frack del basket, e cioè: impeccabile.

Carmelo Anthony 8 meno – Quasi un punto a minuto, meglio la tripla e stare così fuori dalle mischie sotto canestri, difesa insufficiente, anzi fallosa e con qualche fallo antipatico. Al tiro 53,5 %, l’unica serie davvero decisiva in fondo è  stata quella del 10/12 con la Nigeria, record del basket eguagliato. All’inno nazionale con le mani in tasca non si può! Cosa voleva farci capire?

Il Bring Team non lascia scampo, il suo show è il festival della tripla

LeBron e Anhtony hanno chiuso definitivamente la partita con l’Argentina che aveva battuto il Dream team di Atene e sono favoritissimi con la Spagna nella finale di domenica contro il Dream team che si congeda dalle Olimpiadi  con una formazione dell’altro mondo, che punta più sul tiro da 3 che da 2.

Tripudio spagnolo, nelle interviste  gli speakers ufficiali sono Navarro e il grande sakem Pau Gasol che il coach degli Stati Uniti mette fra i primi 5 giocatori del mondo oscurato Sergio Scariolo (alias “el italiano”) che  sarebbe stato trucidato in caso di sconfitta dimenticando i due titoli europei che nessun allenatore spagnolo aveva conquistato, anche se la Spagna ha deluso nel mondiale quando gli usa erano abbordabili e spesso non gioca in stile “furie rosse” come nel secondo tempo di venerdì. E come nello stile della sua travolgente squadra di calcio che ci ha dato una lezione nella finale dell’europeo, quello della storia del biscotto che è piaciuto alla stampa spagnola che ha creato una reazione di sdegno a catena dal quale è difficile uscirne fuori. Ci ha pensato Juan carlo navarro, il grande capitano, e rimettere le cose a posto dopo che la Spagna sul punto di crollare, sotto 13 punti, ha vinto con un bombardamento che ha avuto per protagonista Josè Calderon, una delle scelte di Scariolo e che non ha giocato la finale dello scorso anno, quando l’allenatore era Garcia Reneses detto Aito. Il terzo tempo è stato anche quello del bombardamento americano contro un’Argentina di tutto rispetto, con Manu Ginobili all’altezza della sua fama, la forza d’urto dell’ariete Scola e di  Carlos Delfino che come Manu è stato lanciato dal campionato italiano.

Il Dream team di Londra fa storia, 156 punti, 83 di scarto

Contro la Nigeria nel torneo olimpico di Londra, crollano 3 record storici. Con 10 triple Melo Anthony (37 punti) eguaglia il primato di Tillman e Oscar (10 triple), e sono 15 punti di scarto in più dello squadrone di Jordan e Magic contro la squadra africana a Barcellona

All’ora delle streghe (quando i nostri ineffabili  dirigenti si occupano di arbitraggi..)  la partita  cominciata 30 minuti prima della mezzanotte del 2 agosto, nella terza giornata del torneo di basket dei Giochi Olimpici di Londra  la squadra USA ha sconfitto la Nigeria per 156-73 facendo crollare in una volta  sola tre record  della storia moderna di questo sport, dal 1948. Per la precisione:

Dream Team, solo 3 posti per Londra

Sono 5 i candidati , Rudy Gay, Eric Gordon, Andre Iguodala, Blake Griffin e James Harden, la selezione olimpica al lavoro dal 6 al 13 luglio a Las Vegas con un una selezione  dei migliori prospetti NBA. Ancora 3 posti liberi per il passo d’addio del Dream Team che avverrà a Londra dopo 20 anni di quello di Barcellona, una leggenda trasferita ufficialmente nella Hall of Fame col nome e cognome di tutti i protagonisti di quell’impresa.

Sono sicuri 9 giocatori, e precisamente Lebron James (Miami), Koby Bryant (LA Lakers), Carmelo Anthony (New York),  Deron Williams (New Jersey), Chris Paul (LA Clippers), Kevin Durant (Oklahoma), Kevin Love (Minnesota), Russel Westbrook (Oklahoma) e Tyson Chandler (New York). Gli altri candidate sono Rudy Gay (Utah), Eric Gordon (New Orleans), Andre Iguodala (Boston), Blake Griffin (LA Clippers, James Harden (Oklahoma).

Dream Team al lavoro con Anthony Davis e Jeremy Lin

Il 7 luglio coach Kryszewski al termine degli allenamenti a Las Vegas comunicherà i 12 per le Olimpiadi di Londra. Una settimana di lavoro e gli Usa conosceranno i componenti dell’ultimo Dream team della storia.  La lista delle defezioni continua ad allungarsi, e dopo Derrick Rose  (operato al ginocchio), La Marcus Aldridge (anemia), Dwight Howard (operato alla schiena) e Dwayne Wade (intervento al ginocchio sinistro) l’ultimo a marcar visita è  stato Chris Bosh su consiglio dei medici che paventano un riacutizzarsi pericoloso dello strappo degli addominali per il quale ha saltato 9 turni di playoff.

Bosh è stato campione olimpico 2008 a Pechino. Coach Mike Kryszewski ha convocato ai trial di Las Vegas 13 giocatori per completare la squadra, e cioè Kyrie Irving (Cleveland), matricola dell’anno ed ex giocatore del coach di Duke, John Wall (Washigton) 2° nel ranking di matricola dell’anno 2011, Ryan Anderson (Orlando Magic, miglior specialista del tiro da 3), DeJuan Blair (San Antonio Spurs), DeMarcus Cousins (Sacramento Kings), DeMar DeRozan (Toronto Raptors),  Derrick Favors (Utah Jazz),  Paul George (Indiana Pacers),  Taj Gibson (Chicago Bulls,  Gordon Hayward (Utah Jazz),  Kawhi Leonard (San Antonio Spurs),  Jeremy Lin (New York Knicks),  Klay Thompson.

I grandi del basket, Clyde Drexler

I tifosi amavano chiamarlo The Glide, l’Aliante, nominognolo quantomai azzeccato per definire la sua classe e la sua eleganza nelle sortite sotto canestro. Stiamo parlando di Clyde Drexler, gigante di oltre due metri per 100 chili di peso, che faceva valere la propria stazza sul parquet, pur non rinunciando alla perfezione dei colpi.

I più lo ricorderanno nel Dream Team di Barcellona ’92, quando contribuì alla conquista del titolo olimpico da parte della nazionale a stelle e strisce, ma Drexler seppe farsi valere anche a livello di club, guidando per anni l’attacco dei Portland Trail Blazers. All’inizio degli anni novanta riuscì per ben due volte a trascinare la sua squadra fino all’atto finale dell’NBA, sebbene in entrambi i casi la franchigia dell’Oregon sia uscita sconfitta. Memorabili i testa a testa con Michael Jordan nella finale del 1992: i T. Blazers uscirono con le ossa rotte dalla serie (4-1), ma Drexler ebbe modo di mettere in mostra tutta la propria classe.

Nato l’imbattibile Dream Team per Londra 2012

Scelti i 20 della formazione Usa di basket che fa riferimento a coach Krzyzewski in vista delle Olimpiadi 2012 di Londra. Due sole novità tra cui l’ingresso dell’emergente Blake Griffin dei Clippers, con i suoi 22 anni la nuova star. Mike D’Antoni vice allenatore. Mentre la vecchia conservativa Europa riparte mercoledì 18 gennaio con 3 italiane  (Siena apre con Bilbao, giovedì Armani-Panathinaikos e Barcellona-Bennet) nelle Top 16 che dal prossimo anno cambieranno formula e alcune formazioni hanno grattato nelle ultime ore  il barile  del modesto mercato (lo sloveno Nachbar all’Unics Kazan, l’american-svizzero Brunner a Cantù, l’americano Mallet al Maccabia, l’americano supertatuato Acie Law dal Partizan all’Olympiacos)  la notizia più importante arriva dagli Stati Uniti, e riguarda la nascita del Dream Team  ultima versione, perché non è il caso di parlare di nuovismo con 18 giocatori sperimentati e diversi over 30.

La grande selezione per le Olimpiadi di Londra (27 luglio 12 agosto)  comprende 20 giocatori, e precisamente:

Olimpiadi 2012, i 20 preconvocati del Dream Team

L’appetito vien mangiando e la nazionale di basket a stelle e strisce non è ancora sazia di successi. E’ con questa logica che la Usa Basketball ha stilato una lista di venti giocatori tra i quali verranno scelti tra qualche mese i 12 che rappresenteranno gli Stati Uniti alle Olimpiadi di Londra.

Gli americani vogliono evitare brutte figure in terra inglese e – soprattutto – contano di conquistare il terzo oro nella kermesse dei cinque cerchi. Di qui la decisione di puntare sulla “crema” della NBA, su quei giocatori che possono fare la differenza qualunque sia l’avversario da affrontare.

I grandi del basket: Karl Malone

Nessun anello conquistato nella sua lunga carriera, ma a livello personale Karl Malone, detto il Postino, non si può certo lamentare, avendo frantumato un record dopo l’altro, fino a conquistare un posto di primo piano tra i big del basket a stelle e strisce.

La sua carriera professionistica comincia negli Utah Jazz, dove trova un playmaker capace di esaltare il suo gioco di ala grande, John Stockton, mingherlino sì, ma unico ed inimitabile nel suo genere, tanto da essere ricordato ancora oggi come uno dei migliori play di tutti i tempi.

Il gigante ed il nano regalarono grandi soddisfazioni ai tifosi di Salt Lake City, assicurando alla squadra l’accesso ai play-off ad ogni stagione. ma nonostante lo Stockton to Malone! ripetuto fino alla nausea dai telecronisti dell’epoca, gli Utah non riuscirono mai a salire sul gradino più alto del podio.

I grandi del basket: Scottie Pippen

Il periodo d’oro dei Chicago Bulls viene spesso associato al solo nome di Michael Jordan, l’uomo che da solo riuscì a cambiare la storia del basket americano e mondiale. Spesso però si tende a dimenticare che in quella squadra favolosa c’erano altri giganti che contribuivano in maniera determinante al successo dei Bulls.

Uomini che non possiamo certo chiamare comprimari, ma che avevano un ruolo di primo piano negli schemi di Phil Jackson, come ad esempio Scottie Pippen, numero 33 dei Bulls, uno dei più forti difensori che l’America abbia mai ammirato.

L’ottima tecnica individuale, la capacità di calarsi in ruoli diversi (in realtà era un’ala piccola, ma veniva spesso utilizzato anche come playmaker) fecero di Pippen uno dei migliori interpreti del basket della sua generazione.

E dire che il mondo poteva essere privato della sua classe sopraffina, se Pippen non avesse ottenuto una borsa di studio che gli permise di accedere alla University of Central Arkansas. Lì il giovane Scottie riuscì a mettersi in luce, fino ad entrare nelle mire dei Seattle Supersonics, che però preferirono girarlo ai Bulls in cambio di Olden Polynice.

I grandi del basket: Michael Jordan

L’essenza del basket, il miglior cestista che i miei occhi abbiano visto giocare, al di là della simpatia personale che mi portava a tifare per il suo amico-nemico Magic Johnson. Michael Jordan, unico ed inimitabile, capace di trasformare con la sua presenza il mondo del basket e di catalizzare l’attenzione generale sulla palla a spicchi.

Nessuno come lui prima, nessuno come lui dopo, nessuno che potesse solo avvicinarsi a quel gigante dalle mani d’oro, che in oro trasformava tutto ciò che toccava.

E dire che da piccolo cercava solo di avvicinarsi alla bravura del fratello maggiore, imitandone le mosse nel campetto vicino casa. E dire che in età scolastica venne escluso dalla squadra di basket perché ritenuto poco dotato. E dire che avrebbe potuto darsi al football americano (era un ottimo quarterback) o al baseball (nel ruolo di lanciatore) e privarci della gioia di ammirare le sue evoluzioni sul parquet.

I grandi del basket: John Stockton

Centottantacinque centimetri di altezza, un nano in mezzo ai giganti. Chissà quante volte gli avranno consigliato di darsi al baseball, al golf o a qualunque altro sport nel quale l’altezza non è così determinante come il basket. Non lo ha fatto, per fortuna, regalandoci così la possibilità di ammirare le geometrie di un dei più grandi playmaker che il pallone a spicchi ricordi.

John Stockton, 185 centimetri di classe pura messa al servizio degli Utah Jazz e della nazionale americana, passaggio dopo passaggio, record dopo record, rubando palle e fornendo assist in quantità industriale.

Correva l’anno 1984, quando gli Utah Jazz decisero di puntare su quel concentrato di eleganza. Il tifo non era dalla sua parte al momento della scelta, ma bastarono poche magie sul parquet per far innamorare anche il più scettico dei tifosi.

L’anno successivo a  Salt Lake City Stockton venne raggiunto dal suo partner ideale in Karl Malone, lui sì un gigante, capace di trasformare in punti ogni passaggio del piccoletto. Celeberrima la frase Stockton to Malone! che riempiva la bocca dei telecronisti ad ogni scambio tra i due.

Squadre storiche: il Dream Team

Correva l’anno 1992 e la Spagna si preparava ad ospitare le Olimpiadi estive, appuntamento imperdibile per chi come me mangia pane e sport, per chi solo in quelle settimane riscopre il gusto di seguire anche sport minori, per chi ama il basket e non desidera altro che fare una scorpacciata di canestri.

Occasione più unica che rara per quell’edizione delle Olimpiadi, visto che tre anni prima la FIBA aveva concesso ai professionisti della NBA la possibilità di prendere parte alla manifestazione, con una modifica del regolamento, che fino ad allora riservava tale lusso solo ai campioni del Vecchio Continente.

La nazionale americana di basket veniva da un deludente terzo posto alle Olimpiadi di Seul e da un altrettanto deludente terzo posto ai Mondiali del 1990. Uno smacco difficile da digerire per coloro che da sempre si considerano i padri del basket, mai umiliati così profondamente come in quelle due occasioni.

L’apertura ai professionisti, dunque, arrivò come la manna dal cielo per una nazione in cerca di riscatto, che vedeva nelle Olimpiadi di Barcellona l’unico mezzo per gridare al mondo la propria imbattibilità.