Il basket azzurro riparte con due califfi

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Al varo della Nazionale a Milano il ritorno di Gianni Petrucci per preparare il ritorno sulla poltrona della presidenza e Simone Pianigiani coperto d’oro dai turchi e col contratto in tasca fino ai prossimi europei

Questo lunedì si raduna a Milano la nazionale maschile, poi tutti al lavoro sulla montagna trentina di Folgaria. Il settore marketing e comunicazione della Fip ha organizzato il consueto “spettacolino” promozionale  di mezza estate invitando,  sullo stile  di quanto gli spagnoli fanno da anni a Madrid, forti di un prodotto di maggior prestigio, “tanta bella gente”, sponsors, stampa, dirigenti.  L’idea della portaerei della Marina Militare è stata una bella cosa, veniva meglio però se invitavi Jordan o la Francia di Parker a giocare coi ragazzini azzurri. Gli spagnoli col loro grande Caudillo, il presidente Saez,  sanno toccare meglio tutti i livelli di comunicazione: l’anno passato hanno affittato un prestigiatore, stavolta  hanno portato sulle tribune 500 disoccupati per l’amichevole con la Francia.

Nei primi due anni il  varo di questa Azzurra-Parade estiva certamente utile e migliorabile non ha avuto il successo sperato, ma se il vento cambierà direzione e si cureranno di più le cosiddette priorità, uguale prodotto (… i risultati) la nazionale dovrebbe farci presto farci assaporare  quei frutti che il “nuovo corso” della squadra azzurra ci aveva promesso. Perché  noi italiani non siamo per niente male, anche se veneriamo il passaportato come fosse Buddha.  Fra i giovani c’è qualche segnale interessante arrivato  con le belle prove della Under 20 di Sacripanti e le cadette hanno battuto agli europei in Ungheria  le spagnole, quando  in tutte le categorie giovanili la Spagna è il massimo.

Diciamo che questi anni senesi hanno finito per appiattire il messaggio di un tecnico certamente coi titoli per stare lì. Pianigiani si è però finora identificato troppo col club che gli ha dato fama e ricchezza, non riuscendo ad acquisire il punch internazionale. Vedremo se è questione di esperienza, di carisma, di vocazione internazionale.

Certo tra le tante occasioni  persa, la più importante è stata l’operetta del rinnovo e transazione nel giro di poche settimane del  contratto con Recalcati, pagato col costo economico di una transazione pesante. Segno che qualcosa là dentro deve essere successo,altrimenti la Fip avrebbe chiuso il rapporto con Recalcati dopo la mancata qualificazione per l’europeo 2009. Quei soldi potevano servire per un’operazione  scontata  più che auspicata, con un minimo di ragionevolezza e delicatezza. E cioè  per dare continuità Recalcat,i col quale Pianigiani ha lavorato in perfetta armonia negli anni di Siena,  avrebbe dovuto restare come senior coach. E insegnare così i segreti del mestiere di un CT a part time e, durante il campionato, occuparsi della gestione organizzativa (non tecnica!)  del Settore Nazionale. Per questo in molti non sono contenti di questo team rampante autore di varie gaffes che il calcio non avrebbe perdonato. Manca un “grande capo” di livello internazionale,  vengono a galla varie criticità, fra le quali la prima è fisiologica, l’esperienza. Si tratta di un club ristretto  formatosi fra amici con affinità professionali-generazionale, quando bisognava  per prima cosa creare una premessa forte – non generica, come quella del nuovismo o del voltar pagina – dell’interesse comune, stilare un progetto di reclutamento, sviluppo e gestione e poi scegliere le persone giuste.

No, non puoi mettere da parte  con leggerezza  che ti ha dato un argento olimpico. Un tecnico la cui storia cestistica complessiva non è inferiore a quella di Meneghin perché Charlie  ha ottenuto traguardi prestigiosi  anche come coach, 3 scudetti con 3 città diverse, il primo della Fortitudo, il primo di Siena, quello della stella di Varese. E solo perché dicono che non piace a Bargnani. Per sua sfortuna il trio della NBA  con Recalcati non aveva certo l’attuale impatto, Bargnani, Galllinari e Belinelli non erano gli  starter di oggi.  E nonostante vogliamo ricordare il risultato degli ultimi europei?  Nessuno ricorda  che siamo arrivati dietro, come l’anno prima nelle qualificazioni mancate, agli israeliani. Nella fascia dal 16° al 20° posto!. Forse meglio così perchè un bel bagno di umiltà può servire  a capire la differenza fra una critica e un fatto. E non mi riferisco ai giocatori, facile bersaglio quali milionari insensibili e atleticamente poco dotati. Anche questo ho dovuto sentire: che Gallinari dopo il contatto rincula e cade per terrà perché non ha il fisico… Per amor di patria non racconterò il genio che ha sparso questa fola umoristica.

Alla movida meneghina che festeggerà questo lunedì anche le azzurre qualificate per l’europeo, parteciperà  anche Gianni Petrucci che si offre nel ruolo più unico che raro di presidente “post & next” . Ha pensato fosse utile e giusto, anche per la sua vita,  godere delle larghe reverenze di un basket ancillare che non ha tentato, anche quando i risultati della nazionale fioccavano e Recalcati  – ripeto – portava a casa un secondo posto olimpico,  di diventare adulto suicidandosi col commissariamento. Per certi versi,  il basket è  rimasto un bamboccione.

Chi non ha capito in questi anni  post-Petrucci  le necessità di una evoluzione dovrà  accontentarsi solo di qualche strapuntino, perchè nemmeno la sferzata del commissariamento la scelta di Meneghin,  giustificata dal rispetto per la persona e la carriera, ha ridato slancio. I dirigenti periferici  hanno  cominciato a lavorare sott’acqua, pesando voti e alleanze, mettendo  troppe volte lo zampino nel mondo arbitrale reo di  flagrante  mala gestione  secondo l’accusa del processo di  Reggio  Calabria che tre anni di rinvii è stato narcotizzato, tanto che il 18 si prospetta l’ennesimo rinvio dell’inizio del dibattimento.  Invece di essere aiutato e pungolato in chiave di rinnovamento, Meneghin ha goduto di tanti begli attestati, è vero,  e lui capita l’antifona si è dedicato a quello che sa fare meglio e lo diverte. Un totem comodo, dalle spalle larghe, sul quale scaricare le proprie frustrazioni approfittando per allargare la propria nicchietta.

Nessuno mai oserà attaccare  Gianni Petrucci, lui è un grande. Ma la federazione e il basket hanno pero quota, e adesso è duro risalire.  Il basket inoltre non è più  purtroppo il fortino di una volta, speriamo possa  essere ricostruito. Sono rari oggi i dirigenti del fare, che godono di un consenso generale,  come Porelli, gli Allievi, i Gabetti, Scavolini, Benetton, Snaidero, Bulgheroni, Stefanel, Cazzola, la stessa Barbara Bandiera  e altri ritenuti magari a torto minori. La cultura del management  dei nuovi arrivati può essere utile quando il prodotto è di qualità, ma senza i risultati e un identità di scuola e gioco il risultato è l’ibrido sportivo-affaristico di oggi. Tende alla plutocrazia il  Basket Spaghetti che trascura la cultura sportiva del confronto leale, si rivolge ai tribunali e parla attraverso la polemica. Vogliamo parlare della cornice pre e posto scudetto di Siena-Milano?

Siamo al “Guai ai vinti”, allo spoil system, al  chi più spende meglio spende tanto perché  i soldi li mette il convento. I se poi i  soldi e gli sponsor sono sempre meno,  perché  mai dividerli per un concetto di equilibri fra sport e affari?. Tutti per uno…

Siamo curiosi di  svedere gli sviluppi dell’operazione  “remake Petrucci”, se  il basket continuerà a essere un’isola felice, o se come diceva qualcuno “quando il buon Dio vuole punire qualcuno esaudisce i suoi desideri”.

Per sua fortuna non deve, il presidente di lungo corso del CONI, tornare a Itaca con lo spirito guerresco di Ulisse. I Proci  del parquet si accontenteranno di un semplice posto a tavola. Dentro la sua Fip dalla quale mai si è staccato, una saggia Penelope gli ha conservato il regno e  spento con umiltà e intelligenza guerricciole di potere e focolai di malcontento per i molti errori. Una Penelope accontentata sui di tessere la coperta quotidiana quando poteva farsi  a sua volta  regina potente, e cacciare personalmente, avendone la tempra e le armi, gli oziosi ospiti di corte. Bastava  invece la semplice astuzia da basso impero,il divide et impera, l’ uno contro l’altro e vivrai  a lungo. Adesso Penelope misurerà il premio della sua fedeltà al suo re che potrebbe però non avere vita facile, e  investito – speriamo di no – da folate di polemiche agre.

L’ aspettano infatti forse  battaglie politiche meno nobili di quello in difesa della Nazionale di basket e dei vivai. Oggi torna da  sindaco strategico per il futuro del Circeo proiettato verso una possibile carriera parlamentare nelle elezioni del 2013. Dovrà guardarsi dalle possibili imboscate sotto forma di  dossier giornalistici che andranno a parare, come si legge in questi giorni,  sulla gestione del CONI.  Guidare questo pseudo Ministero dello Sport non sarebbe stato però  compito facile nemmeno per un santo. Un percorso lastricata da mille interessi dentro i labirinti  e i santuari della politica italian, con le necessità di dover dare un’immagine presentabile all’esterno. E dover  portare a casa ogni anno,  in tempi sempre più grami, contando sulla benevolenza del Governo di turno per il circenses, quelle centinaia e centinaia  di migliaia di euro  per pagare i dipendenti, curare gli impianti. Per confermarsi brillantemente, come è storia olimpica,  fra le potenze mondiali dello sport, tanto che  il pronostico per Londra   prevede una spedizione azzurra da 10 medaglie d’oro e le 25-30 totali. Ma senza avere  però più alle spalle una pari economia, o godere della ricca schedina del Totocalcio.

Al Media-Day, etichetta che fa molto  marketing, non suscita emozioni e passione anche perché il campionato un tempo antesignano ha smarrito la sua identità nazionale e sportiva, mancheranno Bargnani e Belinelli. Assenza  giustificata, la NBA è un lavoro  privilegiato, la macchina umana ogni tanto deve però passare la revisione. In compenso c’è Gallinari gestito al meglio  dalla Rcs come testimonial mediatico, personaggio di sicuro impatto, specie all’ombra della Madonnina per reggere il cartellone  di queste qualificazioni che presentano  le escluse europee delle Olimpiadi, ma vanno prese con le pinze.

Simone Pianigiani  coach ancora senza aureola in azzurro, al  raduno che deve garantire  – traguardo minimo – la sua prima qualificazione  agli europei,  stavolta si presenta  col turbante del Califfo.  Se n’è andato da Siena raccontandoci che lo stress era troppo forte, che non ce la faceva più, ma come fai a credergli che  l’incarico della nazionale sarà più facile dovendo allenare in quel bazar infernale che è il Bosforo?. Inoltra dovrà  fare la spola non più partendo da Siena, due ore da Roma,  ma da Istanbul, e quest’anno l’Euroleague si gioca anche il venerdì. Qualcuno comincia a preoccuparsi perciò che questo ruolo di  Ct, dove non c’è un confine preciso da assenteismo e presenzialismo, oltre a a minare il suo equilibrio potrebbe stressare anche il movimento. Soprattutto perchè suo incarico prevede teoricamente anche la guida del  suo settore che dovrebbe riprendersi anche gli arbitri.  E lo stress potrebbe riguardare, di questi tempi,  anche i conti Federazione, poiché  tenere un  ufficio di rappresentanza in Turchia e spedire dei messi costa dei soldi.  Come contratto, invece, nessuno più di lui è dentro  una botte  di ferro,  confermatissimo dopo un flop  sulla fiducia – cioè senza impegni di risultato delle prossime qualificazioni  –  fino al termine degli europei 2013.

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