Cari registi che amate il basket…

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Cari colleghi registi,
stavolta ho scritto a ruota libera e l’ho fatto prima di quest’ultima giornata di regular season. Mi sembra giusto farlo anche perché, scrivendo di un argomento che ancora mi appassiona, il basket, e facendolo nelle vesti di regista televisivo in prestito ad altro tipo di comunicazione, ho spesso usato parole e concetti “forti”. Ma non é mia intenzione offendere nessuno.

Se scrivo di poca attenzione a quel che succede in campo, é perché questo traspare dalle immagini. Se scrivo di commenti magari poco precisi nel raccontare ciò che vediamo da casa é perché  quel che si vede non viene spiegato correttamente. Questo deve offendere? Deve infastidire? Certo, se viene fatto in modo offensivo, si. Ma sfido chiunque a trovare cattiveria o compiacimento nelle mie osservazioni. E sicuramente se non sarò in futuro capace, come regista, di essere all’altezza di quello che ho scritto sinora, mi meriterò pari trattamento e forse anche peggiore in quanto razzolatore scarso dopo tanta predica…

So che le condizioni di lavoro di questa stagione regolare sono state per voi tutt’altro che tali (regolari…), ma l’importante é sfruttarle al massimo con le proprie capacità . Certe volte anch’io ho avuto la tentazione , perché non messo nelle migliori condizioni di lavoro, di “timbrare il cartellino”, di limitarmi al minimo contrattuale. Ma poi subentra l’orgoglio di fare una professione bellissima (anche se c’é chi cerca di sminuirne le caratteristiche), creativa e stimolante. E mi passa. Anche se mi viene assegnato un service con evidenti problemi tecnici e non, cerco di rimanere padrone della situazione.

Per essere, alla fine del lavoro, sereno e poter dire di avere fatto tutto quello che era in mio potere fare. In trenta e passa anni di televisione ho avuto,come voi, modo di trovarmi un pó in tutte le situazioni di lavoro. Un esempio significativo: la mia prima regia sportiva (era una partita di pallavolo a Brescia) cominció con, a un minuto dalla diretta, lo spegnimento del gruppo elettrogeno con relativo reset di tutte le apparecchiature. E trattandosi di piú di 24 anni fa , in epoca molto analogica dove le memorie si scrivevano e non si usavano per le apparecchiature, ciò comportò un inizio della diretta con una telecamera, no grafiche, no replay e microfono di scorta a filo messo in mano al volo al giornalista… Ci volle tutto il primo set per tornare a regime. Forse quest’esperienza mi ha segnato o forse no,  di sicuro mi ha insegnato quale doveva essere il giusto approccio a questo lavoro. Prepararmi tutto ed aspettarmi ancora qualcos’altro….

Comunque, dicevo,  questa prima fase della stagione è finita e lo è con prodotti televisivi che, se si sono assestati su certi livelli, non sono stati comunque aiutati dalle strutture di contorno. Mi riferisco alla promozione degli eventi e delle trasmissioni. E più in profondità sul malessere che il basket, lo sport in generale e la televisione stanno vivendo, non aiutati di certo dalla situazione economica e sociale del nostro Paese. Problemi, problemi e problemi…. E le soluzioni? Di sicuro non limitarsi a criticare, la fase successiva é agire, muoversi, magari con più disponibilità, iniziativa. Partendo dalle basi, scuole, comuni, territorio. Gettando sassi e creando onde nello stagno. Questo nello sport, nel basket e nella Società.

Se sbaglio, scusatemi.

Giancarlo Fercioni – Regista tv

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