SPECIAL Final Eight: diario di uno spettatoregista

Spread the love

Se nel campionato, la cosa si era diluita nelle settimane e nei mesi, nella Final 8 che è un evento a parte con un capo ed una coda ,e quindi  la lontananza dai palazzi e dalle regie mobili la sento molto di più. Quando c’è un evento di questo genere tutto comincia settimane prima ed è un crescendo via via che ci si avvicina all’evento. Si parte da discussioni estenuanti con la parte editoriale e quella produttiva mediata dal regista…

Quella editoriale chiede determinate cose, il regista per realizzarle chiede gli strumenti per poter mettere in pratica il tutto e la produzione cerca di ottenere i fondi sufficienti dall’editore venendo il più delle volte ridimensionati.  Risultato? La redazione riduce di qualcosa le pretese, la produzione riduce il budget e alla fine il regista riduce le speranze  di poterlo fare degnamente. Scherzo, così è esasperata la cosa , però diciamo che il principio è quello. Il trucco è chiedere molto di più per  ottenere un meno sufficiente alla bisogna…

Questo alla base di tutto, poi si cerca di mettere in pratica tramite sopralluoghi per vedere dove posizionare telecamere, postazioni commento e interviste, aree di servizio dove organizzare una mini redazione/trucco/sartoria e gli spazi per parcheggiare i camion regia (i famigerati OBVan). Anche qui funziona più o meno nello stesso modo: chiedi di più per ottenere il sufficiente. Spesso questo accade in impianti polifunzionali (tipo il Palaolimpico di  Torino) dove lo spazio c’è , ma siccome il sopralluogo lo si fa molto prima dell’evento, devi essere dotato di immaginazione  perché sul piano di gioco non c’è né il parquet, linee di gioco e canestri. Per quello che chi lavora in tv deve essere dotato di fantasia.

Passano i giorni e si migra sul luogo del “delitto” si allestisce l’impianto, si effettuano prove, si preparano i servizi, le interviste, le grafiche e quant’altro e poi comincia la guerra dei mondi: la diretta. Paradossalmente la parte più facile è la partita perché ha i suoi ritmi, una sua vita, e spesso è sufficiente seguirne il racconto per non scontentare nessuno. Il difficile è mantenere l’interesse nei cosiddetti “tempi morti”, che vanno dai time out alle pause tra i quarti, l’intervallo, e il tempo tra una partita e l’altra. Qui ci deve essere un gran lavoro redazionale per cavalcare i racconti più interessanti, sia della partita che degli “evergreen”. Cioè servizi che riguardano situazioni o persone collegate alla partita, servizi storici, di colore ecc.

La seconda partita o viene prodotta da una troupe diversa a partire dal regista, cameraman, operatori ai replay, oppure la fatica si fa sentire. La speranza è che la seconda  sia più tirata e appassionante in modo da dare motivazioni a tutti per farla come si deve . la cosa più pericolosa è una partita da trentello, insomma da tanti a pochi con altrettanti motivi per seguirla. Per esempio la prima giornata della Final 8 di quest’anno ha funzionato abbastanza in questo senso, con una Montepaschi – Banco di Sardegna dove Sacchetti le ha provate tutte fino alla fine e  l’EA7 vs Canadian Solar che è stata giocata a strappi, con Milano che va via e Bologna che la riprende sino alla fine. Tutto come nelle previsioni, riprese accettabili, anche se limitate dal numero di telecamere non certo da grande evento, però,se non altro qualitativamente buone. La parte redazionale è stata il punto debole della catena con poche cose a cucire gli interventi dei commentatori, tra una situazione di gioco e l’altra. Non me la sento neanche di criticare la coppia (trio ogni tanto con interventi Bianchiniani) di commentatori: con un supporto minimo di servizi di contorno di più non si può. Dura la vita dello spettatore… si fa per dire.

Giancarlo Fercioni – Regista Tv

2 commenti su “SPECIAL Final Eight: diario di uno spettatoregista”

Lascia un commento