I grandi del basket: Earl ‘The Goat’ Manigault

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I miei occhi hanno avuto la fortune di ammirare le evoluzioni di Michael Jordan, le magie di Magic Johnson, il gancio-cielo di Kareem Abdul-Jabbar, ma pagherei oro per tornare indietro nel tempo e veder giocare una volta, una sola volta Earl Manigault. Vi starete chiedendo con quale maglia giocava o quali trofei ha messo in bacheca.

Ebbene, Earl “The Goat” Manigault non è mai arrivato in NBA, non ha titoli da vantare, ma viene ricordato come uno dei giocatori più forti di tutti i tempi, capace di battere qualunque avversario, ma non se stesso, purtroppo.

Potete non credere alle mie parole, ma dovete fidarvi di quanto diceva di lui Kareem Abdul-Jabbar, che alla domanda su chi fosse il più forte giocatore da lui mai affrontato, rispose proprio con il nome di Earl Manigault, sebbene nella sua carriera si fosse trovato di fronte a miti del calibro di Wilt Chamberlain, Oscar Robertson e Magic Johnson.

Chi era dunque Earl Manigault? Le sue origini sono molto simili a quelle di tanti altri campioni: infanzia povera ed un unico grande sogno, il basket. Nativo della Carolina del Sud e trasferitosi a New York con la madre adottiva, il giovane Earl cominciò a mostrare la sua classe sopraffina sui playground di Harlem, nonostante i 183 centimetri di altezza gli consigliassero di dedicarsi ad altro.

Classe sopraffina, elevazione eccezionale (con un salto riusciva a prendere i centesimi di dollaro appoggiati in cima al tabellone), schiacciate da far invidia ai giganti della NBA (celeberrima la sua schiacciata doppia, che prevedeva una prima schiacciata, la ripresa della palla da sotto la rete con l’altra mano ed una seconda schiacciata, tutto in un unico salto), Earl fu presto ribattezzato The Goat (Greatest all of time, il più forte di tutti i tempi).

Vi starete chiedendo come mai uno come lui non sia riuscito a sfondare nel basket che conta, non sia riuscito a calcare i parquet dei professionisti. La sua parabola discendente cominciò nel 1965, quando venne beccato a fumare uno spinello e venne cacciato da scuola, poco prima che la sua squadra, la Franklin High School, giocasse e perdesse la finale del New York City Public School Championship contro Power Memorial High School, guidata da Lew Alcindor alias Kareem Abdul-Jabbar.

Per sua fortuna conobbe un angelo custode, Holcombe Rucker, che gli procurò un posto in un istituto della North Carolina, ma il successivo passaggio alla Johnson C. Smith University fu traumatico, poiché Earl trovò un coach che insegnava un basket troppo semplice per le sue qualità.

Tornato ad Harlem, The Goat conobbe l’inferno dell’eroina e si trasformò ben presto in un ex giocatore, che entrava ed usciva dal carcere. Morirà il 15 maggio del 1998, in attesa di un trapianto di cuore, non prima di essersi riscattato socialmente con la creazione di una sorta di comunità di recupero e prevenzione, consistente in campetto di basket dove i ragazzi potevano giocare e mostrare le proprie doti.

Un grande campione, forse davvero il più grande di tutti i tempi, ma anche un piccolo uomo, incapace di rispondere adeguatamente ai colpi della vita, ed è un peccato che “Per ogni Michael jordan c’è un Earl Manigault: non ce la possono fare tutti”, come diceva lui stesso.

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