Nba, ecco perché i Warriors non hanno voluto alcun documentario

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Fa certamente discutere The Last Dance, ovvero il documentario legato alla storia dei Bulls e di Michael Jordan, che è stato da pochi giorni pubblicato su Netflix. Ebbene, a quanto pare, anche i Golden State Warriors hanno avuto la possibilità di girare un documentario simile, ma hanno preso un’altra decisione e non hanno voluto prendervi parte.

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I motivi dietro alla decisione dei Warriors

La rivelazione è arrivata direttamente da parte di Peter Guber, uno dei membri della dirigenza degli Warrios, nonché colui che ha fondato la Mandalay Entertainment, ovvero la casa di produzione che si è occupata dello sviluppo della docu-serie che ha coinvolto la mitica squadra dei Chicago Bulls di Michael Jordan e l’ultimo tentativo di vincere l’anello prima che la squadra dei record venisse smembrata.

Il motivo per cui i Warriors sono stati ad un passo da una simile possibilità deriva semplicemente dal fatto che il co-executive chairman di Golden State, Peter Guber è pure il fondatore di Mandalay Entertainment, ovvero la compagnia che ha realizzato il documentario sui Chicago Bulls di Jordan, riuscendo a trovare tutta una serie di documenti e filmati che sono stati realizzati, a quei tempi, da parte di Andy Thompson, lo zio del tanto apprezzato giocatore della Baia.

Lo stesso Guber ha voluto rivelare al mondo intero come la medesima proposta di girare un documentario sia stata fatta anche ai Warriors, ma l’esito è stato differenti. Golden State, infatti, ha preso la decisione di non avere alcuna troupe al seguito, come successe invece per i Chicago Bulls di Jordan.

La motivazione per tale rifiuto? Semplice, pare che le condizioni di queste due compagini fossero completamente differenti. Tutti erano a conoscenza del fatto che i Bulls avrebbero terminato la loro corso alla fine della stagione e, di conseguenza, si poteva parlare senza alcun problema di “Last Dance”. Per quanto riguarda i Warriors la situazione era differente, dal momento che c’era una convinzione diffusa, ovvero quella di poter proseguire a vincere ancora per tanto tempo, anche se manca ancora qualche dettaglio certo sul momento in cui venne fatta la proposta, ovvero se nell’ultimo anno in cui Durant ha vestito la casacca gialloblu oppure no.

È fuori di dubbio, che l’accensione di una telecamera con tante aspettative di ripetere un percorso estremamente complicato che porta all’anello, comporta una grande pressione sulle spalle. Il rischio che si corre è quello di appesantire troppo a livello psicologico la squadra e, al tempo stesso, diventare fin troppo arroganti.

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