Lockout Nba, ultimatum respinto: i giocatori dicono no. E i proprietari gongolano

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Si era arrivati all’ultimo atto del braccio di ferro che tiene in scacco il campionato di basket Nba: dai proprietari ai giocatori, una proposta – l’ultima – da prendere o lasciare. E il sindacato dei cestisti ha fatto conoscere ala risposta: secco no, il lockout va avanti.

La Players Association, quindi, ha respinto l’offerta avanzata a nome delle franchigie dal commissioner David Stern che metteva sul piatto un ammontare tra il 49% e il 51% delle risorse totali (il precedente contratto, scaduto, fissava il valore sul 57%). La replica è giunta per bocca di Derek Fisher, massima figura sindacale:

“Non possiamo accettare l’attuale offerta della Nba sul tavolo”.

La decisione ha fatto seguito alla riunione svolta a New York alla presenza di 43 membri in rappresentanza di 29 squadre. A questo punto, sembra paradossale ma chi gongola sono i proprietari perché, sebbene i vertici del sindacato (notizie freschissime riportate da Espn) abbiano ricevuto mandato di concludere un accordo che preveda una ripartizione 50-50 e si concentri sulll’apporto di benefici maggiori rispetto al salary cap e alla durata dei contratti, i referenti delle franchigie sono (almeno una buona parte di essi) contrari non solo alla ripartizione del 50-50 (per cui si intenderebbe da ora in avanti presentare solo offerte al ribasso).

A rendere ancora più debole la posizione sindacale, anche il tentativo di spaccare la rappresentanza messo in atto da alcuni degli agenti più potenti.

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