NBA, niente di fatto nel primo incontro tra giocatori e proprietari franchigie

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Un nuovo incontro, ore e ore di discussione, ma ancora un nulla di fatto. E molto probabilmente si andrà avanti così a lungo. I proprietari delle franchigie NBA e i rappresentanti dell’associazione dei giocatori si sono riuniti ieri per la prima volta dall’inizio del lock-out a New York, restando ognuno sulle proprie posizioni come ha spiegato Derek Fisher.

“Ci troviamo una situazione strana – prosegue il playmaker dei Los Angeles Lakers, presidente dell’associazione dei giocatori -. Il commissioner Stern e la NBA stanno cercando di articolare qualche stratagemma per permettere la chiusura delle trattative, ma in realtà le proposte che ci arrivano sembrano andare in tutt’altra direzione. Comunque continueremo a lavorare, a incontrarci e a discutere, ma per il momento siamo ancora molto, molto lontani dal trovare un accordo. Non ci sono stati progressi finora, c’è ancora una distanza enorme fra le nostre posizioni”.

D’altronde, nell’ultimo anno le franchigie hanno perso 300 milioni di dollari, una enormità che va a sommarsi a quelle iniziate dal 2005, l’anno in cui venne firmato il contratto collettivo scaduto a fine giugno. Quale dunque la soluzione? Introdurre un salary-cap “hard” inflessibile, dare un bel taglio agli stipendi dei giocatori, ridurre la durata massima dei contratti e ridistribuire gli utili in diversa maniera: ai giocatori, al momento, va infatti il 57% del totale, una cifra che dovrebbe ridursi al 40% nei prossimi 10 anni. La proposta dell’associazione dei giocatori, per ora, è quella di ridurre la quota al 54.3%, per una perdita di 100 milioni di dollari all’anno, un’offerta che David Stern ha definito per ora molto “modesta”.

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