Contratto Nba decennale e fine del lockout

Finisce ufficialmente il lockout Nba con la firma del contratto tra i proprietari delle franchigie e i giocatori: la firma dà origine a un accordo di 10 anni che pone fine alla serrata dopo 161 giorni di stop forzato.

A ufficializzare le firme è stato il commissioner della Lega, David Stern:

“Il Board of Governors ha ratificato il nuovo accordo collettivo e il nuovo piano decennale di ripartizione delle risorse”.

 

I giocatori portano la NBA in tribunale

Sciolto il sindacato, nasce un’associazione che  come successo per il football denuncia la violazione della legge anti-trust. I tempi tecnici sono di 45 giorni, ma un giudice potrebbe decidere di far ripartire la Lega Professionistica. Si riapre il mercato europeo

  • Un altro lunedì nero per il basket,  salta ancora l’accordo con la NBA  che offre il 47 per cento degli utili mentre i giocatori sono irremovibili sul 52 per cento, e adesso la partita più difficile nella storia della Lega Professionistica si giocherà nel  tribunale del lavoro.
  • Dopo 3 mesi e mezzo di muro contro muro nella trattativa per il rinnovo del contratto con i proprietari della NBA, decisi a non mollare, soprattutto a cominciare da Micheal Jordan padrone dei Charlotte Bobcats,  i giocatori hanno deciso di mettere fuori gioco il  loro sindacato  scioltosi a causa di un “disclaimer of interest”. Si tratta di una   formula  di risoluzione che in pratica   si adotta in presenza dell’impossibilità  di assolvere il proprio mandato.  Spezzatosi il rapporto fiduciario col sindacato guidato da Billy Hunter, i giocatori hanno deciso di adottare le tattiche negoziali intraprese  con successo l’11 marzo scorso dal football americano (NFL). E adesso formeranno   un’associazione di categoria allo scopo di  intraprendere un’azione giudiziaria appellandosi alla Legge Antitrust che tratta le vertenze in cui una parte si sente schiacciata da un potere monopolistico in materia di diritto al lavoro.

Lockout Nba, ultimatum respinto: i giocatori dicono no. E i proprietari gongolano

Si era arrivati all’ultimo atto del braccio di ferro che tiene in scacco il campionato di basket Nba: dai proprietari ai giocatori, una proposta – l’ultima – da prendere o lasciare. E il sindacato dei cestisti ha fatto conoscere ala risposta: secco no, il lockout va avanti.

La Players Association, quindi, ha respinto l’offerta avanzata a nome delle franchigie dal commissioner David Stern che metteva sul piatto un ammontare tra il 49% e il 51% delle risorse totali (il precedente contratto, scaduto, fissava il valore sul 57%). La replica è giunta per bocca di Derek Fisher, massima figura sindacale:

“Non possiamo accettare l’attuale offerta della Nba sul tavolo”.

La decisione ha fatto seguito alla riunione svolta a New York alla presenza di 43 membri in rappresentanza di 29 squadre. A questo punto, sembra paradossale ma chi gongola sono i proprietari perché, sebbene i vertici del sindacato (notizie freschissime riportate da Espn) abbiano ricevuto mandato di concludere un accordo che preveda una ripartizione 50-50 e si concentri sulll’apporto di benefici maggiori rispetto al salary cap e alla durata dei contratti, i referenti delle franchigie sono (almeno una buona parte di essi) contrari non solo alla ripartizione del 50-50 (per cui si intenderebbe da ora in avanti presentare solo offerte al ribasso).

A rendere ancora più debole la posizione sindacale, anche il tentativo di spaccare la rappresentanza messo in atto da alcuni degli agenti più potenti.

Lockout Nba, serrata a oltranza

Sono ormai passati quasi quindici anni dalla stagione Nba del 1998/99, quando l’America conobbe l’ultimo lockout in ordine temporale: nella circostanza, la stagione regolare venne ridimensionata e, al posto delle tradizionali 82 giornate, se ne disputarono solo 50. A distanza di quasi tre lustri, il 2011 torna a mostrare l’incubo dello stop forzato: pare proprio che ci si debba rassegnare ad attendere ancora molto.

Nulla si muove sul versante Nba e il lockout che sta bloccando il campionato americano non da segnali di interruzione. Dopo i primi incontri, nel corso dei quali non si sono registrate novità rilevanti e positive, le parti continuano a essere distanti e a non trovare una soluzione che interrompa la serrata.

Alla base della trattativa che pone gli uni di fronte agli altri giocatori e proprietari, vi sono discrepanze su almeno tre argomenti: il salary cap, l’entità delle entrate complessive e la soppartizione dell’introito. Inoltre, sono al momento enormi anche le difficoltà nello stipulare un contratto dalla durata pluriennale.