Ecco tornato nel basket il presidente che parla col Papa

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Un presidente onorevole, non un onorevole presidente. Lo si è appreso vedendo che il nome di Gianni Petrucci che lunedì rassegna, dopo 14 anni, il mandato di presidente CONI  – “a Dio piacendo”, riprendendo una locuzione a lui cara che tradotta laicamente significa “il destino è negli astri “–  mentre, notizia dell’ultima ora, non figura nelle liste che il  partito di Casini ha presentato per l’apertura ufficiale della rumba elettorale. Niente Parlamento, ma “un grande avvenire dietro le spalle”  come diceva Vittorio Gassman.

Quasi in parallelo alla corsa per la scelta di chi guiderà l’Italia nella prossima legislatura  c’è quella per  la presidenza del CONI per la quale corrono  il dottor Raffaele Pagnozzi, braccio destro di Petrucci,  e il dottor Giovanni Malagò al fianco del quale, in veste di  nume tutelare, c’è Gianni Letta in passato vicinissimo a Petrucci. A proposito,  mi dicono: e  non è escluso che ancora lo sia.. Se l’elezione al CONI premiasse la popolarità, Malagò vincerebbe a mani basse, ma la presidenza del CONI implica una proprietà di impianti e dimore storiche di inestimabile valore e  bellezza, vedi il mussoliniano Foro Italico col Parco e il Palazzo H che guarda il Tevere, un contributo del Governo per la gestione dell’organismo di 500 milioni di euro all’anno, commesse, carriere, migliaia di dipendenti, ed è chiaro che la politica procede quindi  a nominare in quote nella “SpA Coni Servizi”, un Consiglio di Amministrazione e un presidente di sua fiducia. Questa fiducia trasversale è stata ben riposta su Gianni Petrucci, nonostante dopo la bella spedizione di Pechino il personaggio  diede una bella tirata d’orecchi ai politici affermando che la sua Azzurra era davanti alla Francia e alla Spagna mentre il paese era solo al 19° posto.

Di lasciare il “CONI  servizi” il personaggio  non ci pensa nemmeno, il mandato (premiato con un gettone credo di 170 mila euro) scade fra un anno e  mezzo.Le cose potrebbero cambiare con le elezioni ma con una riforma globale, non con un provvedimento ad hoc mirato a colpire il capo dello sport italiano da 14 anni. O magari l’escamotage potrebbe essere una revisione della legge elettorale di cui si sente parlare che impedirebbe di operare nello sport a chi ricopre cariche politiche, anche amministrative,. E non bisogna dimenticare che le acque magiche che nella mitologia erano il feudo di Circe,  e lo sono anche  del novello 67enne  sindaco di San Felice. Che è sempre lo stesso Gianni Petrucci, il nostro amatissimo” Dottor Sottile” dello sport e non solo, considerate le cariche.

E’ chiaro che – senza voler dare giudizi politici – il partito di Casini non vanta in assoluto grandi numeri, ma è l’ago (o l’angolo?) della bilancia delle imminenti elezioni, e quindi nei suoi collegi ha bisogno di calamite di voto sicure. Petrucci è amato, come politico potrebbe essere controverso, ma  non essere nelle liste elettorali non significa nulla quando si è prescelti dalla politica. Si può entrare infatti nel Governo anche con cariche tecniche, l’orientamento del partito che guiderà l’Italia potrebbe riformare lo sport in chiave sociale e meno professionistico ( a questo ci pensano le varie Leghe), quindi non è escluso che Petrucci abbia un incarico di n.1 dello sport, compatibile per analogia a quella di presidenti politici di altre federazioni, come ad esempio  i Barelli e Aracu.

In fondo, la politica con la sua longa manus sportiva  sarà sempre la prima a difendere il “doppio incarico”, con una giustificazione di fondo: un controllo su livelli e posizione diversi delle “politiche sportive” garantendo però un  pluralistico “politicamente corretto”. Il problema, superato quello dell’anagre, è  scegliere le persone giuste, e se nell’agone csi ritrova  anche un  Moggi  con le sue gesta juventine come “papabile”, la gente rimane un po’ interdetta.

Alla convention dell’Ergife dove “ballavano” circa 5000 mila voti controllati per delega, un numero che è solo una piccola percentuale dei 300 mila tesserati che un giorno non lontano voteranno direttamente e non più attraverso i Comitati regionale (il presidente del Governo lo eleggono forse le Regioni?), Gianni Petrucci ha incassato il 94,8% dei voti.

Lasciatemi tessere un elogio per Gaetano Laguardia. Ha fatto un ottimo lavoro il suo alter ego che sarà il buon Vicerè  più che il Vicario per gli impegni del suo plurititolato capo. Laguardia è il vero vincitore di queste elezioni. Uomo rispettoso, anche delle opinioni altrui, preparato, furbissimo nel rivoltare le frittate quando deve difendere il palazzo, viene puntualmente messo all’indice da chi lo ritiene responsabile di tutte le trame, le cose sbagliate, mentre lui ha lavorato anxhe 15 ore al giorno come un saggio Cancelliere. Sbagliato definirlo Richelieu o Mazzarino, solo chi non conosce la storia può sostenere questa similitudini perchè  quelli erano animi crudeli e manovravano direttamente interessi personali, basta pensare alle molte cariche dispensate alla stretta parentela da parte del secondo. Meglio definirlo un Cancelliere de Noantri, più vicino al  prussiano Clemente di Metternich , un civil servant che faceva a disfaceva matrimoni a seconda  delle fortune di Napoleoneper non trovarselo sotto le mura di Vienna, o una paziente Penelope che tesseva la sua tela giornaliera tenendo a bada i proci del caso, che sono i nostri ambiziosetti “regionals” la maggioranza nella squadra-Petrucci, gestivano i voti anche di chi non hanno mai incontrato, e avuto tutti un posto alla “tavolata”.

Laguardia poteva correre in proprio per la presidenza, ha puntellato Meneghin e atteso fiducioso il ritorno a Itaca di Ulisse-Petrucci. Sappiamo che Omero nel suo capolavoro  si è fermato a descrivere il  ritorno di Ulisse, non sappiamo come sarà il seguito ma il Cancelliere adesso dovrà chiudere le varie criticità senza aspettare i primi 100 giorni. Perché li conosce perfettamente i problemi, a cominciare da una revisione della spesa, dalle tasse  pesanti che non consentono di distribuire aiuti alle Leghe che dovranno vivere di risorse proprie e capacità,  e della “questione arbitrale”. Non deve farsi abbagliare dal desiderio di guidare il Settore Squadre Nazionali, perché potrebbe bruciarsi, ma conosce bene il valore e i limiti dei componenti e dò per scontato che ci sarà una profonda rivoluzione a settembre, finiti gli europei in Slovenia, dove  l’Italia è motivatissima, con 3 giocatori da quintetto base della NBA. Fortuna mai avuta prima.

Il  plebiscito dell’Ergife  non ha evitato 300 schede bianche, che non sono certamente uno sfregio ma solo di amici che, come il sottoscritto, vorrebbero che Gianni Petrucci rivoltasse  il basket come un calzino. Il che non significa rivoluzione e spargimento di sangue. Troppe se ne sono viste, e forse si vedranno, con Baskettopoli ancora aperto, anche se il fascicolo è passato di mani dal PM dottoressa Miranda alla Frustaci, e si va verso la prescrizione non essendo ancora iniziato dopo 3 anni il dibattimento.

Cova sotto la cenere anche quella” mala gestione” degli arbitri e dei commissari denunciata dall’inquirente del Processo di Reggio Calabria  che riprende il 23 gennaio e le carte nel, “de relato” , mostrano nomi e cognomi  importanti e chiacchierati, e c’è sempre irrequietezza fra gli arbitri anche dopo la riforma (gestita sempre da Laguardia) – vedi il caso di Sahin, fra i primi 10 d’Europa, spedito in seconda fascia senza uno straccio di motivazione.  Meneghin al momento del congedo agli “amici” arbitri  gli ha dedicato un passo duro,   non credo fosse attacco postumo sterile ma un segnale ,come per far sapere che, per amor di patria, ha dovuto glissare. Valgano per tutti le dichiarazioni  rilasciate un anno fa sul caso-Paternicò, “ho ascoltatole intercettazioni, è tutto chiaro, una cosa che fa vomitare…”, confessò alla rosea l’ex presidente che accorse  in difesa di una giocatrice di colore vittima di un caso di razzismo dai contorni poi poco chiari trascurando invece il del caso dell’arbitressa di Catania laureata in ingegneria, fra l’altro trascurando la sua carica tecnica federale in Sicilia nel CIA regionale al quale dedica il suo tempo e la sua passione. E’ una vergogna  che non le siano mai arrivate nemmeno le scuse, e  sapere che la collega che nelle intercettazioni telefoniche, confermate al Procuratore che ha optato per la prescrizione, il Paternicò  voleva  fosse eliminata dal capo degli arbitri non abbia, come dicono, ancora ricevuto dalla segreteria federale le carte dei vari gradi di giudizio del caso sportivo, per tutelarsi nelle sedi opportune. Perché se prendi di punta una collega in quel modo, è facile fare dell’ironia, ci sta di tutto.

Petrucci nel suo discorso, concluso con tono benedicente, ha parlato con giusto orgoglio dell’appartenenza, ha precisato che il basket  non ha bisogno di essere salvato, ha indicato una lega forte, con i presidenti coinvolti in prima persona, presidenti che una volta guidavano le aziende del boom italiano,  un filone in via di estinzione ma comunque sempre interessante e che deve essere speso meglio.

  “Sono contento ed orgoglioso per questo che sento come un ritorno a casa. L’elezione conferma che qui c’è gente che mi vuol bene e questo mi emoziona, pure se ho parlato al Papa, al Presidente delle Repubblica e capi di Governo“,

ha scritto su Repubblica.it un mio bravo ex giornalista, Stefano Valenti riportando una frase che mi ha ricordato le indimenticabili  “convention mastelliane”.

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