Lockout Nba, serrata a oltranza

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Sono ormai passati quasi quindici anni dalla stagione Nba del 1998/99, quando l’America conobbe l’ultimo lockout in ordine temporale: nella circostanza, la stagione regolare venne ridimensionata e, al posto delle tradizionali 82 giornate, se ne disputarono solo 50. A distanza di quasi tre lustri, il 2011 torna a mostrare l’incubo dello stop forzato: pare proprio che ci si debba rassegnare ad attendere ancora molto.

Nulla si muove sul versante Nba e il lockout che sta bloccando il campionato americano non da segnali di interruzione. Dopo i primi incontri, nel corso dei quali non si sono registrate novità rilevanti e positive, le parti continuano a essere distanti e a non trovare una soluzione che interrompa la serrata.

Alla base della trattativa che pone gli uni di fronte agli altri giocatori e proprietari, vi sono discrepanze su almeno tre argomenti: il salary cap, l’entità delle entrate complessive e la soppartizione dell’introito. Inoltre, sono al momento enormi anche le difficoltà nello stipulare un contratto dalla durata pluriennale.

Vale la pena, anche al fine di capire meglio di quali cifre si sta parlando, prendere come riferimento l’accordo preesistente e andato in scadenza poco più di due mesi fa: nello specifico, la divisione degli introiti attribuiva ai giocatori una porzione pari al 57% mentre ora i proprietari puntano alla riduzione graduale fino alla quota del 40%. Potrebbe esserci una intesa sulla somma del 50% che rappresenta una equidistanza tra le due pretese.

Quello che pare un argomento tabù, invece, e sul quale i cestisti non sembrano disposti a cedere è l’ipotesi del tetto salariale rigido. Inoltre, non vi è intenzione da parte dei calciatori di sottoscrivere un accordo decennale ma punterebbero a stipulare  un accordo della durata di cinque anni: nel 2016, infatti, si arriverebbe in simultanea a rinegoziare i diritti televisivi con tanto ipotetico – ma è verosimile ritenere che sia così – incremento del budget per la Lega.

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