2 – IL BASKET AL VOTO – La scelta dei candidati per entrare nella squadra di Petrucci fra procedure superate, e la longa manus dei Comitati Regionali come successo con gli arbitri
Curiose anche le modalità che hanno caratterizzato le votazioni dei delegati per l’elezione nel Consiglio Federale dei rappresentanti di allenatori e giocatori. E cioè: assenza di commissione verifica poteri, impossibilità per i candidati di poter far presenziare i seggi da propri rappresentanti, insomma il tutto lasciato alla buona volontà delle strutture periferiche che hanno organizzato e gestito sul territorio le votazioni.
Procedure approssimative e non uniformi in tutti i seggi denotano la scarsa attenzione con cui la Fip ha seguito il momento elettorale, quando avrebbe dovuto dimostrare di saper coinvolgere e sostenere i propri tesserati in questo loro compito civico. E avviare un dialogo, costruttivo per dire, Petrucci non torna con la bacchetta magica, dobbiamo costruire assieme il rilancio del movimento. O no?
Non solo, essendo il collegio unico, sarebbe stato possibile, per un allenatore votare in un seggio, spostarsi in altra regione limitrofa e votare di nuovo; chi infatti ha controllato che non risultino, nei verbali di tutte le regioni, dei “doppioni”?
Solo il Piemonte ha pubblicato l’esito delle votazioni con indicazione del numero dei votanti e dei voti ricevuti da ogni singolo candidato; intendiamoci, anche questo non era previsto da alcuna disposizione ufficiale, ma sarebbe piaciuto un atto di trasparenza da parte di tutti gli altri organi territoriali. I buoni esempi, come quello del Piemonte, vanno sfruttati a favore della collettività.
Non ci sono certamente prove che possono dimostrare irregolarità ma la mancanza di disposizioni chiare e soprattutto di un sistema di controllo lascia aperte anche le più fantasiose ipotesi. Soprattutto se alcuni Comitati Regionali cercano di controllare – magari fingendo un distacco – le votazioni al fine di far eleggere i propri candidati, eventualità che non si può escludere, tutt’altro.Che poi è il vero problema, ancora maggiore e più importante della partecipazione al voto.
Potremmo definirla un’altra appropriazione indebita da parte delle regioni, dopo quella di arbitri e commissari? Probabilmente si, accentuatasi con la riduzione dei posti in Consiglio Federale (4 le poltrone territoriali, già fin d’ora assegnate a Lombardia, Emilia, Campania e Veneto che con l’appoggio della Toscana avrebbe spiazzato la Puglia) e con la necessità di accaparrarsi i pochi disponibili invadendo ambiti che non devono essere di loro competenza.
Così accade che alcuni comitati, più o meno ufficialmente, appoggiano un candidato o, addirittura, individuano un allenatore da far candidare e poi sostenere con i voti, più o meno spontanei ed autonomi, di altri tesserati che più o meno consapevolmente ascoltano i “consigli” dell’apparato.
Naturalmente i delegati eletti, in occasione dell’assemblea generale del 12 gennaio a Roma, in tal modo saranno solo passivi esecutori di altrui volontà, indicata dalla politica e non agiranno autonomamente in base alla valutazione dei candidati e di un loro programma.
Ecco perché nemmeno il voto on line, comunque auspicabile in futuro, sarà sufficiente a garantire una reale partecipazione democratica, se non accompagnato da un processo che veda tutti i tecnici svincolati da logiche politiche, in grado di scegliere autonomamente i propri delegati, consapevoli dell’importanza di esprimere una propria preferenza e non di accogliere i suggerimenti di chi lì e li può sempre sfiduciare.
Altrimenti sarà difficile che gli allenatori abbiano il riconoscimento che meritano ed acquisiscano quel ruolo che fino ad ora gli è stato negato e che non si sono, in gran parte, meritato per aver scelto di assecondare logiche politiche in cambio di qualche attenzione particolare.
Difficile quindi, stando così le cose, che l’allenatore assurga a quella dignità proclamata dal Vate, al secolo Valerio Bianchini, 3 scudetti con 3 città, due coppe dei Campioni, il risveglio di Roma, la conduzione della nazionale, la comunicazione come mezzo e come arma intelligente. Lo si capisce, purtroppo, analizzando il suo programma quanto sia impossibile questo processo accrescitivo, fintanto che ci saranno pseudo coaches che si prestano o che favoriscono i giochi di potere. Eppure dovrebbero fare, gli allenatori, quel gioco di squadra che sicuramente cercano di trasmettere ai propri giocatori. E creare una forza quale punto di riferimento per arginare l’intromiossione di politici e politicanti ma che, ahimè, non è e forse non sarà mai.