Bryant a Milano, contestazione al Nike Stadium: interviene la sicurezza

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Kobe Bryant è giunto a Milano alle quattro del pomeriggio trasportato da un pulmino grigio che lo ha portato fino in parco Sempione, nei pressi Nike Stadium in Foro Buonaparte. Lo attendevano più di mille persone accalcate intorno all’impianto e desiderose anche solo di vedere dal vivo il proprio beniamino e intonargli diversi cori di stima.

Lui, sorridente, ha ricambiato l’affetto con sorrisi e movimento delle mani: sono partiti applausi a ripetizione, incitamento, inviti ad accasarsi in Italia. Anche solo per una partita dimostrativa, anche solo per qualche settimana. Nel bagno di folla si è mimetizzato anche l’appassionato di pallacanestro Marco Materazzi che, smessi i panni del calciatore, è voluto esserci.

Il colpo d’occhio evidenziava un giallo sole espanso a macchia d’olio: non erano i raggi emanati dall’alto – che in realtà il tempo è stato così e così – semmai le miriadi di magliette dei Los Angeles Lakers numero 24 opportunamente indossate per l’occasione. Appena prima dell’inizio della partita dimostrativa 3 contro 3 alla quale Bryant ha partecipato nell’insolita veste di arbitro, si è tuttavia dovuto prendere atto di una manifestazione di protesta: un giovane, infatti, ha fatto irruzione sul campetto venendo a contatto con gli uomini della security, abili a fermalo con prontezza.

Il motivo del fuori programma: la tesi del contestatore lamentava il fato che non fosse pervenuto da parte di Nike un invito all’evento a un gruppo di persone – tra cui il giovane – che quotidianamente utilizzano il campetto del Parco Sempione. Stando alle dichiarazioni di uno degli interpellati, la lamentela trae origine dal fatto che sono proprio quei giovani, giorno doipo giorno, a occuparsi del campo assumendsi la responsabilità della manutenzione ordinaria e straordinaria. Le parole di Abdul Mbake, 27enne che lavora per il Consolato del Senegal a Milano:

“Quando i canestri si rompono, li aggiustiamo. Non posso condividere il comportamento del mio amico ma ci sarebbe piaciuto essere coinvolti in questa iniziativa”.

Chi sono i giovani: Un gruppo eterogeneo e multietnico. Africani, italiani e francesi accomunati dalla passione per la pallacanestro. Bravi? Sentite Abdul:

“Avrei voluto essere su quel campetto: sono alto 2 metri e 5 centimetri e gioco meglio di Kobe Bryant. La differenza tra me e lui? Io non ho avuto fortuna”.

Sorrideva, sapendo di aver calcato la mano ma è stata anche la maniera per stemperare gli animi. Preso atto della protesta, la Nike ha fatto sapere che in realtà era stato contattato uno dei ragazzi considerati il referente organizzatore del playground ma al momento si trova in Svizzera e gli è stato impossibile organizzare una squadra che prendesse parte al torneo. Per rimediare al disguido e cancellare ogni polemica, l’azienda di abbigliamento sportivo ha garantito loro una foto autografata di Bryant.

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