Dan Peterson “Grazie Italia, prima ero solo un coach di medio livello”

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Il popolare coach americano è il primo non italiano a entrare nella Hall Of Fame azzurra, e ammette:

“Da dilettante Porelli mi ha trasformato in un professionista, dopo tante bastonate sono diventato più bravo”.

Vale doppio, nel senso che è una sorta di do ut des, l’ingresso di Dan Peterson nella Hall of Fame italiana che verrà suggellato dalla cerimonia della Premiazione  in diretta Tv, col commento tradizionale del coach-telecronista. Come certi grandi artisti italiani sono stati scoperti all’estero, così anche il tecnico americano che dopo aver allenato il Cile è stato chiamato a Bologna e a Milano dove ha portato novità tecniche e titoli, e adesso per una sorta di gratitudine e armato della consueta iper-professionalità ha cominciato a inviare negli States i profili dei premiati, come leggo in un ritratto di Mabel Bocchi della quale scrissi per primo notandola per casa in un raduno giovanile a Reggio Emilia in un giorno di riposo.

Scoprii che era nativa di Parma come me, e che era arrivata da poco dall’Argentina, per questo fu battezzata Mabel, l’aveva allenata Tonino Zorzi chge ai tempi lavorava a Napoli  e il padre aveva una una fungaia (o una tartufaia) ad Avellino ed era uno dei giocatori azzurri più forti di bridge. Grazie a un titolo a 5 colonne, fu notata dal Geas  che era l’Ignis al femminile e l’ing.Azeglio Maumary sborsò la cifra-record di 100 milioni di lire per un cartellino che fece del club di Sesto San Giovanni una squadra imbattibile in Italia e la rivale del Daugawa Riga della gigantesca Uljana Semionova.

“Sto mandando un profilo  ai miei amici in USA per ogni singola persona eletta, dal 2006 fino ad oggi della Hall Of Fame. Fra l’altro, alla cerimonia, tempo permettendo, cercherò di spezzare due lance.  Una per allargare il voto per mettere dentro più persone per qualche anni, perchè questa Hall of Fame è nata solo nel 2006.   Fosse nata nel 1966, come i Giganti del Basket, non ci sarebbe un problema.  Bisogna giocare al recupero per qualche anno.  Mia opinione…”

Con Dan non sempre mi trovo d’accordo, questo non significa fare polemica, ma quel che fa è sempre utile e gradito, io la penso proprio all’opposto, quest’anno il regolamento ha fatto capire che urge una revisione, mettere Peterson contro Pagnini e Blasone è una sorta di “massacro” per il titoli e la popolarità, e una corsa fra un asso del galoppo, un grande siepista o trottatore se mi è consentito il paragone ippico. E sarà così anche per il prossimo, quando Valerio Bianchini verrò intronato post-Peterson.

“Per quanto riguarda me  – confessa Peterson dando di mantice al valore del premio, cosa davvero significativa –  è ovviamente  il più grande onore della mia carriera e della mia vita.   Forse sembra strano, ma molto più importante dell’elezione alla Hall of Fame di Basket dell’Illinois, il mio stato (ne approfitto per chiedere venia, lui è nato a Evanston, Ill, e non  a Chattanooga, Tennessee, nda)”

“Il bello – spiega  la sorpresa – è che non ho mai allenato nell’Illinois e loro mi hanno messo dentro perché qualcuno ha detto, “Oh, c’è questo Peterson in Italia, che….”

“Allenare  in Italia – riconosce –  è stata la cosa più importante della mia carriera.   Più importante che allenare l’Università di Delaware per cinque anni, più importante che allenare il Cile per due anni.   Più importante che il premio per ‘Ex-Alunno Più Prestigioso’ dal mio mitico liceo, Evanston High School.   Quindi, per me, un valore inestimabile”

Il senso di gratitudine prosegue con altri particolari sulla sua magnifica avventura italiana.

“Volete la verità?Prima di arrivare in Italia, ero un dilettante, Porelli (si tratta del mitico avvocato bolognese che lo chiamò dal Cile –  mi ha fatto diventare un professionista.  Prima di allenare in Serie A, ero un coach di medio livello;   dopo avere preso bastonate nei denti da tutti, sono diventato più bravo.   Sono in debito con i miei presidenti, i miei sponsor, i miei general manager, i miei giocatori, che hanno sputato sangue per me”

“Infine – conclude – è un  grande onore ad essere il primo non-Italiano eletto, rompendo una piccola barriera.   Ancora di più,  di essere il primo Americano.   Per questo mando i Blog agli amici.   Io vivo ‘di riflesso’ della Nazionale, della Serie A, dell’Eurolega.   Più che vanno loro, più alta la mia immagine con gli amici e la famiglia.   Si può immagine ciò che vuol dire questo per me”

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