Colpo di scena, la Lombardia si ribella alla Riforma dei campionati

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Come sempre, nella storia italiana, è Milano a scrivere le grandi svolte. Ecco l’effetto immediato della quasi plebiscitaria adesione, con 186 società dilettanti,  alla protesta  promossa da LNP e attuata sul campi di gioco nell’ultimo turno dei campionati  fermando le prime 2 azioni.  Una protesta rispettosa e su quasi tutti i campi accolta da un grande applauso contro la riforma fintamente selettiva che declasserebbe la Serie C, oggi campionato nazionale strategico, e che la FIP vorrebbe votare nel Consiglio Federale del 13/14 aprile.

La scintilla che qualcosa sta per cambiare, infatti, è arrivata infatti lunedì sera a Milano nell’assemblea delle società lombarde DNA, DNB, DNC convocata e gestita dal Presidente del Comitato regionale Lombardo Enrico Ragnolini.  Sono state sostanzialmente respinte le motivazioni della riforma, e quindi la lettura politica è che Meneghin non ha più l’appoggio della sua Regione.

La mancata accettazione delle linee di riforma proposte in Assemblea da Ragnolini, presidente della Consulta,  sono un fatto inaspettato, di enorme rilevanza politica in quanto Ragnolini è di fatto l’ideatore ed estensore della riforma.

Tutti gli intervenuti hanno bocciato l’incomprensibile proposta di regionalizzazione della DNC e l’altrettanto incomprensibile proposta di allargamento a 12 gironi, che significa pari costi e perdita del valore d’avviamento del diritto sportivo che ha una valenza in quanto il basket è lo sport cittadino di spicco in quasi tutti i comuni.

Nei fatti la FIP deve tener conto che l’Assemblea Generale delle società di Legnano e le società di  3 importanti regioni ( Lombardia, Toscana, Emilia Romagna) hanno respinto i temi della riforma e che  186 società hanno sottoscritto ed attuato in pochi giorni, e con grande prova di organizzazione ed efficienza, una massiccia azione di protesta dimostrando in modo inequivocabile un dissenso radicato e generalizzato.

Il CONI farebbe bene, quale organo vigilante, a cercare di capire cosa sta succedendo, e che non si può andare avanti con un altro anno con questa gestione di largo scontento e adesso anche forte di numeri probanti, suppongo che il  Consiglio Federale dovrà affrontare una situazione difficile e la cosa più saggia non è certo la sfida, ma prendere tempo e aspettare la chiusura delle iscrizioni a luglio per sapere quale sarà l’effetto della crisi economica, e poi a settembre decidere sulla base di indicazioni concrete.

In  fondo se il presidente della Consulta delle Regioni vira di 180 gradi, c’è da supporre anche che esiste il concreto sospetto che le regioni stesse abbiano capito di non essere in grado di farsi carico dell’organizzazione di un campionato che implica risorse gestionali. E’ un atto disgraziato quanto la famosa legge delega con cui, ai primi del duemila, le Regioni passarono la gestione dello sport alle Province costringendole a realizzare piani provinciali dello sport. Se ne lavarono bellamente le mani,  le Province si trovarono spiazzate, da quel momento saltò la fragile  filiera dello sport italiani, ma al Coni nessuno se né accorto.

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