Toti lascia e Roma chiude? “Nessuno si è fatto avanti”

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“Nessuno  si è fatto avanti”

la regular season  termina domenica, anche quest’anno Roma è rimasta fuori dai playoff e dalla Coppa Italia e Claudio Toti  ha convocato i giornalisti per far sapere che per lui non ci sono più  i presupposti per continuare. Il basket di vertice a Roma non interessa più. Certo che i giocatori  hanno fatto di tutto affinchè la decisione del presidente della Virtus Roma fosse meno traumatica, tanto un ingaggio lo troveranno sempre da qualche altra parte.

Dopo la conferenza stampa del  suo vicepresidente Sergio D’Antoni nel quale chiedeva ai tifosi la sottoscrizione di 1000 abbonamenti come atto di fede per poter cercare un ultimo appiglio per non smobilitare, sono seguite infatti una serie di sconfitte consecutive, e in casa contro le squadre del fondo classifica e questa è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso.

Bianchini ha affermato che io ho gestito il basket come un’azienda, fosse così non sarei rimasto 10 anni e dopo la prima stagione non avrei continuato

ha detto il proprietario che ha sfiorato lo scudetto, portato a Roma nomi importati come Toni Parker,  Jennings, Bodiroga, tentato  di organizzare un progetto-pilota  impostato sui giocatori italiani  tramontato purtroppo sul nascere. E c’è stato anche  l’approdo nella capitale  di ottimi allenatori come Pesic, Repesa, Tanjevic o Bonicciolli recentemente nominato CT del Kazakistan. E ha sempre rispettato i  suoi  impegni economici quando, di questi tempi, vengono a galla casi di inosservanza traumatici. Purtroppo questo patrimonio di professionalità internazionali acquisito non ha però  sfatato una sorta di sensazione che il passaggio alla Virtus Roma fosse simile a un attraversamento del triangolo delle Bermude, e  il fenomeno dei ripetuti  “misteriosi naufragi”  avesse correlazione con una gestione dettata certamente  dettata da passione e mezzi ma senza quella fermezza e abilità  necessaria ai nuovi tempi.

Mi chiedo, però, se abbia sempre scelto le persone giuste, attinto ai personaggi che hanno scritto i grandi successi di Roma, che potevano riunire le tante società giovanili della capitali che ha grandi numeri e fuoritura di talenti. Occorrevan le chiavi per comunicare col la gente, non solo con la nomenclatura del potere. Grazie a Toti ad esempio  anche Veltroni si era avvicinato al basket, ma anche questo innamoramento è tramontato in fretta. Ricorda forse qualcuno che è ancora ilo presidente onorario di Legabasket?

“Sono convinto – questo il succo di un addio forzato, determinato anche da fatti ineluttabili generali – che Roma meriti una squadra di alto livello e come  in un recente passato debba combattere per posizioni di alta classifica, e  non trovo giusto occupi  invece posizioni che non le spettano. Evidentemente è una situazione che oggi io non sono più in grado di garantire, l’ho fatto nel passato dove ci sono stati  risultati importanti che  non  sono in grado di garantire trattandosi di  investimenti  molto alti. In questo momento economico, nel  mio mondo, l’edilizia,  si licenzia e credo investire risorse così importanti nel basket”.

Claudio Toti va comunque ringraziato per il suo impegno, che il “presidente galantuomo” ha sintetizzato giustamente “in quattro semifinali, una Finale, abbiamo vinto una Supercoppa, giocato una Finale di Coppa Italia e  soprattutto consolidato una posizione importante di Roma in Europa, riportando la Città nel contesto internazionale dopo molti anni”.

Ha pagato anche l’effetto sliding-doors,  le porte del destino si sono chiuse   perché per prima è passata Siena, molto più decisa di Roma nel realizzare quanto occorreva per vincere. In fondo Toti, questo gli va riconosciuto, è stato un presidente d’altri tempi, quando la figura del mecenate diventata quasi anacronistica.  La finale scudetto persa con la Montepaschi  è solo stato l’inizio di una lenta e tormentata fine, come si è letto nei verbali di Baskettopoli.

Curiosamente il basket della capitale vive ogni decennio situazioni epocali. Dopo lo scudetto di 30 anni fa col Bancoroma e poi la  prima e unica Coppa dei Campioni, 20 anni fa l’ingresso del Messaggero del Gruppo Ferruzzi che dovette fare i conti con la crisi  della grande famiglia ravennate e quindi 10 anni fa, dopo Giorgio Corbelli, l’arrivo dei  fratelli Toti con l’impresa di costruzioni Lamaro. Ma erano altri tempi, la crisi economica era lontana, soprattutto  il basket era gestito meglio. C’erano dirigenti che conoscevano meglio la materia, possedevano una vera cultura sportiva, non si erano fatti prendere la mano dai passaportati.
Ha perso Roma,  ma soprattutto il basket caratterizzato da egoismi e personalismi che hanno completamente svilito uno sport che aveva costruito la sua fortuna come fenomeno socialmente in grado di esprimere il modo di pensare e di divertirsi dei giovani. E dove gli imprenditori avevano A Roma è nato Andrea Bargnani, il primo giocatore italiano ad essere scelto come n.1 del draft, ci ha colpito che anche un personaggio come lui abbia manifestato, in questa discesa agli inferi ,una solenne indifferenza.

Nell’intervista, pubblicata dal sito di Legabasket, mi ha colpito anche un passaggio.

Investendo di meno – ha sottolineato –  si potrebbe fare un’altra squadra ma su questo punto io non mi trovo perchè non condivido che Roma abbia una squadra di secondo piano e non mi sento di voler sposare un programmadel genere”.

Potrebbe aver lasciato la porta aperta a un ripensamento, perché comunque non ha parlato di chiusura, di vendita, di cessione del titolo a un acquirente, come avvenne col Messaggero. Credo che se avessero ragionato così personaggi come Allievi, Bogoncelli, e soprattutto Borghi il grande basket italiano non sarebbe mai esistito. Proprio Borghi, seccato perché gli acquisti di grandi giocatori gli garantivano solo il …secondo posto, chiamò dal calcio un preparatore atletico con un senso di sfida da samurai, Nico Messina detto il Tigre, questi mise in prima squadra Dino Meneghin e attorno i migliori giovani di Varese, una città di 60 mila abitanti, come Siena, e nacque la grande Ignis. La squadra più economica nella storia del basket, quella più grande a livello internazionale.

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