La scomparsa di Gianfranco Benvenuti, al sud i suoi capolavori

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Così il general manager Andrea Luchi ricorda il grande coach livornese Gianfranco Benvenuti che portò in A anche la Viola Reggio Calabria e Trapani.

Era il mago delle promozioni, gli scudetti dei poveri. E ha fatto felice il sud portandolo a pieni diritti nel grande basket senza mai far spendere grandi cifre ai suoi presidenti. Stabilità, niente tagli durante la stagione, se prendi un giocatore vai fino in fondo.

Se n’è andato a Livorno, dopo una breve malattia,  Benvenuti il profeta del basket del sud che ha portato in A la Viola Reggio Calabria e Trapani con una doppia promozione, mentre l’ultima è stata con Montecatini. Ha dato alla Libertas Livorno il primo scudetto giovanile della storia, battendo il Simmenthal, e conquistato il bronzo nella sua parentesi con la nazionale femminile a metà Anni 70. Coach dal 1960, ha allenato la Libertas Livorno (2 volte), Udine, Gorizia, Stella Azzurra Roma, Viola Reggio Calabria, Perugia, Trapani (2 volte), Montecatini.

Ex giocatore non eccelso,  livornese di Borgotaro, ha rappresentato la  figura ideale del coach maestro di vita e di fondamentali. Una persona corretta, diretta, esigente,  un padre per i suoi giocatori e un esempio di vita, ma capace anche di essere un protagonista, ritagliandosi un proprio stile (ad esempio i due lunghi, le zone miste, etc)  nella poliforme Serie A, e tanti allenatori dell’ultima leva dovrebbero prendere esempio per  valorizzare i giovani e gli italiani.

Era lo Zeravika italiano,  ovvero Ranko Zeravika il grande coach slavo che si vantava di non aver mai vinto uno scudetto preferendo lanciare tanti fuoriclasse.

Lo ricorda per Pallarancione.com  Andrea Luchi, il gm di Montecatini che giovanissimo con Benvenuti  ha fatto la sua prima esperienza di dirigente arrivando poi al top alla Scavolini e alla Virtus Bologna con l’ultima vittoria europea di una squadra italiana nel 2009.

Alla famiglia, sentite condoglianze.

Di Andrea Luchi

Di “Cacco” ho mille ricordi. Gli ho voluto bene e gli sono eternamente riconoscente. Se ho avuto il privilegio di essere dirigente professionista di pallacanestro per 14 anni, lo devo a Lui per il 99%. Era un profondo innamorato e conoscitore della pallacanestro, un istruttore ed un maestro di fondamentali, oggi ormai introvabili. Allievo di Otello Formigli, aveva cresciuto nella sua Livorno una generazione di giovani campioni, uno su tutti Alessandro Fantozzi. Una persona semplice, schietta, diretta, mai banale, mai falsa. Quello che pensava te lo diceva in faccia ma era anche il suo modo per farti capire che ti voleva bene, che a te teneva veramente.

L’unico allenatore che è riuscito a gestire il talento infinito di Mario Boni, al quale non ha mai concesso sconti. Quando andava tolto, lo toglieva. In campo, faceva finta di non sentire, al martedì in riunione lo rimproverava davanti a tutti, come fanno gli uomini autentici e come si fa in una vera famiglia.
E la domenica spesso arrivava la vittoria. Ma Gianfranco non si faceva influenzare dal risultato, avevo un senso dell’etica e della correttezza davvero cristallino.
Non derogava mai, per nessuna ragione, dalle regole di comportamento e di convivenza del gruppo.

Indimenticabili i suoi duelli dialettici con il concittadino Dado Lombardi, molto diverso da lui, prima dei derby anni ’80 e ’90 tra Livorno e Montecatini. Era molto scaramantico, se arrivavi in sede con qualcosa di viola indosso ti mandava a casa a cambiarti, spesso anche usando parole non gentili. La domenica mattina aveva un rito, al quale teneva molto: buttava un pò di sale dietro le panchine. E poi era stato un precursore nell’adozione delle zone miste, la sua famosa match-up gli aveva fatto vincere tante partite.

Amava i due lunghi stranieri, americani. Mi diceva sempre, un lungo bravo tira con oltre il 65%, io la palla la voglio dare sotto e là sotto voglio che ci siano due bravi.
A Reggio Calabria, dove mi capitò di andare in trasferta con Lui con Montecatini, fu accolto come un Messia. Nel corso principale, tutti lo fermavano come una rock star e Lui aveva una parola buona per tutti, penso che in 500 metri lo abbiano fermato non meno di 200 persone. Era amatissimo perchè era stato il primo a portare la Viola in alto, dalla B alla serie A1, attraverso due promozioni, e la magia si sarebbe ripetuta, qualche anno  dopo, anche a Trapani. “Cacco” ci ha lasciati e, da inguaribile burlone, lo ha fatto di venerdì 17 di un anno bisestile. Nel giorno in cui, tra l’altro, è nato Michael Jordan. Addio Cacco, riposa in pace

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