Virtus Bologna, Sabatini: “Il futuro è nostro”

Spread the love

Claudio Sabatini, presidente della Virtus Bologna ha voluto ripercorrere con le sue parole la sua storia personale alla guida della società emiliana. Dal 2003, quando Sabatini salvò la Virtus Bologna fino al presente: “Nel 2003, quando ho salvato la Virtus, dicevano che ero una meteora: sono ancora qui”. E aggiunge: “Leggo che il momento del mio club è difficile, ma non sono mai stato tranquillo come adesso”. E giù un’altra risata. Sabatini, otto vinte e otto perse con la Virtus: si aspettava di più? “No: è l’esatta fotografia del nostro campionato. Squadra rivoluzionata, giovane e spesso monca, per infortuni o fughe di americani: va bene così”. Nell’emergenza non è corso ai ripari: significa che la Virtus sarà questa fino alla fine? “Tutto si può modificare. Lavoriamo con un gruppo eccellente, ma l’attenzione al mercato c’è sempre: se capita l’occasione buona, la coglieremo. Come abbiamo fatto con Rivers: ottimo giocatore, persona super”. Sabatini sta cambiando: oltre che coerente sta diventando paziente… “L’esperienza aiuta: oggi non mi saltano più i nervi se perdo male una partita come a Cantù. Ripeto: qui c’è gente giusta, se possiamo andremo avanti con loro”. E’ sempre dell’idea di allungare il contratto a Lardo? “Assolutamente sì: se vorrà rimanere, sa che con lui mi trovo bene”. La qualità migliore del suo allenatore? “E’ un aziendalista, oltre che un grande tecnico: prima dei suoi interessi di carriera mette quelli della società”.

Soddisfatto dei risultati, lo è anche dei giovani?

“Devono crescere tutti: lo stesso Rivers lo scorso anno era un rookie”.

Moraschini, però, potrebbe partire…

“Solo se avrà più spazio che qui. Anche lui sta migliorando: gli manca soltanto la sfacciataggine per giocare spensierato”.

Sabatini che manda via l’unico bolognese: non è uno spot alla rovescia?

“No, se la destinazione è un club che lo tiene in campo 25 minuti: è la condizione per lasciarlo andare. Bisogna guardare avanti”.

Di quanto?

“Almeno 4-5 anni. Per questo domenica, lasciando il garage di Cantù, non ero abbattuto: loro hanno vinto una partita, ma il futuro è nostro”.

Nel conto della stagione anche una FuturStation da ottomila fissi sugli spalti: come si fa?

“Lavorando tutti i giorni, ringraziando giocatori e dirigenti che vanno nelle scuole e nei supermercati. Abbiamo la fiducia di un grande pubblico, per metà formato di under 18: il nostro è un progetto globale”.

Altro progetto, il Gira: risultati a parte, è in linea con le attese?

“Date le premesse, sì: i nostri giovani devono fare esperienza, lì giocano 25 minuti ogni weekend. Stiamo già pensando al loro futuro”.

In che modo?

“Questi ragazzi sono un patrimonio, vogliamo che crescano ancora. L’accordo che abbiamo fatto a Ozzano con tre persone fantastiche come Di Giansante, Vacchi e Buriani vogliamo ripeterlo con una società di LegaDue, in modo da migliorare ancora i nostri giocatori”.

Non è così disperato Sabatini, allora?

“Per una partita persa? Guardi, ci aspettano la gara con Brindisi e la trasferta di Avellino, che hanno i loro problemi (gli irpini hanno perso il centro Troutman per il resto della stagione, ndr). Se non sorridiamo noi, chi può farlo?”.

Lei non parla mai di classifica…

“Perché non è un patema: più vinciamo meglio è, ma prima di tutto mi interessa sviluppare il progetto giovani”.

Cosa le dicono i suoi colleghi?

“Li sento poco. Ma vedo che cambiano molto: Milano un allenatore e due giocatori, Treviso l’americano, anche Roma il tecnico. Parliamo di club che a budget stanno di gran lunga meglio di noi: qualcuno ottiene anche meno”.

Per questo se la ride?

“Ho altri motivi, più diretti. Stiamo organizzando le finali nazionali Under 17, rifaremo Basket for life, anche se non nei giorni della Coppa Italia”.

A proposito: alla Final Eight di Torino con che spirito andrete?

“Rilassati: quel che viene, viene. Speriamo ci sia gente, a noi è toccata una buona squadra come Montegranaro”.

Non sente la pressione?

“Quale pressione? L’insoddisfazione la leggo solo su qualche giornale: evidentemente, c’è chi vuole creare tensione dove non c’è. Questo è un buon gruppo, se c’è qualcosa che non va si sistema”.

La ricetta?

“Domani (stasera, ndr) porto tutta la squadra a mangiare la pizza. L’ho fatto spesso in anni passati, quest’anno è la prima volta: dopo una brutta sconfitta, stiamo assieme, come una buona famiglia”.

Sabatini, lei ha cambiato rotta. E il basket?

“Fermissimo: stesse facce, stessi modi, stessi discorsi. BasketCity è l’eccezione: qui vengono in 8 mila alle partite, altrove chi ne fa di più si ferma a metà”.

Le manca la Fortitudo?

“Se si intende quella vera, un pò sì. E anche il derby. Ma era scritto”.

Cosa?

“Nello sport serve anche passione e io in questi anni ho visto passare fior di miliardari: Gazzoni, Seragnoli, Cazzola, Bandiera, Martinelli, Sacrati, Menarini, Porcedda e adesso il re del caffè Zanetti. Alcuni sono finiti male, io sono ancora qui. Oggi la Virtus è un palazzo, un museo, due squadre, il miglior settore giovanile d’Italia, una gestione invidiabile. Sono fatti, e non chiacchiere: quelle le lascio agli altri”.

Ride: “Nel 2003, quando ho salvato la Virtus, dicevano che ero una meteora: sono ancora qui”.

E aggiunge: “Leggo che il momento del mio club è difficile, ma non sono mai stato tranquillo come adesso”.

E giù un’altra risata.

E’ un Claudio Sabatini un pò giù di voce, ma decisamente su di tono quello che ha da poco superato la boa di metà campionato con le sue due squadre, la Canadian Solar e il Gira. Con un bilancio in linea con le previsioni della vigilia: le sue, perlomeno. Perché il “Sabba”, prima della stagione, aveva messo in cima alla lista degli obiettivi quello di far crescere i giovani. Da lì in poi, la sua rotta l’ha mantenuta.

Sabatini, otto vinte e otto perse con la Virtus: si aspettava di più?

“No: è l’esatta fotografia del nostro campionato. Squadra rivoluzionata, giovane e spesso monca, per infortuni o fughe di americani: va bene così”.

Nell’emergenza non è corso ai ripari: significa che la Virtus sarà questa fino alla fine?

“Tutto si può modificare. Lavoriamo con un gruppo eccellente, ma l’attenzione al mercato c’è sempre: se capita l’occasione buona, la coglieremo. Come abbiamo fatto con Rivers: ottimo giocatore, persona super”.

Sabatini sta cambiando: oltre che coerente sta diventando paziente…

“L’esperienza aiuta: oggi non mi saltano più i nervi se perdo male una partita come a Cantù. Ripeto: qui c’è gente giusta, se possiamo andremo avanti con loro”.

E’ sempre dell’idea di allungare il contratto a Lardo?

“Assolutamente sì: se vorrà rimanere, sa che con lui mi trovo bene”.

La qualità migliore del suo allenatore?

“E’ un aziendalista, oltre che un grande tecnico: prima dei suoi interessi di carriera mette quelli della società”.

Soddisfatto dei risultati, lo è anche dei giovani?

“Devono crescere tutti: lo stesso Rivers lo scorso anno era un rookie”.

Moraschini, però, potrebbe partire…

“Solo se avrà più spazio che qui. Anche lui sta migliorando: gli manca soltanto la sfacciataggine per giocare spensierato”.

Sabatini che manda via l’unico bolognese: non è uno spot alla rovescia?

“No, se la destinazione è un club che lo tiene in campo 25 minuti: è la condizione per lasciarlo andare. Bisogna guardare avanti”.

Di quanto?

“Almeno 4-5 anni. Per questo domenica, lasciando il garage di Cantù, non ero abbattuto: loro hanno vinto una partita, ma il futuro è nostro”.

Nel conto della stagione anche una FuturStation da ottomila fissi sugli spalti: come si fa?

“Lavorando tutti i giorni, ringraziando giocatori e dirigenti che vanno nelle scuole e nei supermercati. Abbiamo la fiducia di un grande pubblico, per metà formato di under 18: il nostro è un progetto globale”.

Altro progetto, il Gira: risultati a parte, è in linea con le attese?

“Date le premesse, sì: i nostri giovani devono fare esperienza, lì giocano 25 minuti ogni weekend. Stiamo già pensando al loro futuro”.

In che modo?

“Questi ragazzi sono un patrimonio, vogliamo che crescano ancora. L’accordo che abbiamo fatto a Ozzano con tre persone fantastiche come Di Giansante, Vacchi e Buriani vogliamo ripeterlo con una società di LegaDue, in modo da migliorare ancora i nostri giocatori”.

Non è così disperato Sabatini, allora?

“Per una partita persa? Guardi, ci aspettano la gara con Brindisi e la trasferta di Avellino, che hanno i loro problemi (gli irpini hanno perso il centro Troutman per il resto della stagione, ndr). Se non sorridiamo noi, chi può farlo?”.

Lei non parla mai di classifica…

“Perché non è un patema: più vinciamo meglio è, ma prima di tutto mi interessa sviluppare il progetto giovani”.

Cosa le dicono i suoi colleghi?

“Li sento poco. Ma vedo che cambiano molto: Milano un allenatore e due giocatori, Treviso l’americano, anche Roma il tecnico. Parliamo di club che a budget stanno di gran lunga meglio di noi: qualcuno ottiene anche meno”.

Per questo se la ride?

“Ho altri motivi, più diretti. Stiamo organizzando le finali nazionali Under 17, rifaremo Basket for life, anche se non nei giorni della Coppa Italia”.

A proposito: alla Final Eight di Torino con che spirito andrete?

“Rilassati: quel che viene, viene. Speriamo ci sia gente, a noi è toccata una buona squadra come Montegranaro”.

Non sente la pressione?

“Quale pressione? L’insoddisfazione la leggo solo su qualche giornale: evidentemente, c’è chi vuole creare tensione dove non c’è. Questo è un buon gruppo, se c’è qualcosa che non va si sistema”.

La ricetta?

“Domani (stasera, ndr) porto tutta la squadra a mangiare la pizza. L’ho fatto spesso in anni passati, quest’anno è la prima volta: dopo una brutta sconfitta, stiamo assieme, come una buona famiglia”.

Sabatini, lei ha cambiato rotta. E il basket?

“Fermissimo: stesse facce, stessi modi, stessi discorsi. BasketCity è l’eccezione: qui vengono in 8 mila alle partite, altrove chi ne fa di più si ferma a metà”.

Le manca la Fortitudo?

“Se si intende quella vera, un pò sì. E anche il derby. Ma era scritto”.

Cosa?

“Nello sport serve anche passione e io in questi anni ho visto passare fior di miliardari: Gazzoni, Seragnoli, Cazzola, Bandiera, Martinelli, Sacrati, Menarini, Porcedda e adesso il re del caffè Zanetti. Alcuni sono finiti male, io sono ancora qui. Oggi la Virtus è un palazzo, un museo, due squadre, il miglior settore giovanile d’Italia, una gestione invidiabile. Sono fatti, e non chiacchiere: quelle le lascio agli altri”.

Lascia un commento