Con 41 punti e 10 rimbalzi della guardia d’acciaio e 28 di LeBron Miami domina i Pacers e passa per prima alla finale dell’Est sperando di recuperare Bosh contro la vincente di Boston-Filadelfia di stanotte.
Miami riguadagna il palcoscenico, con 69 punti dei suoi dioscuri Wade (41) e LeBron (28) chiude la partita con la tipica squadra guastafeste e scorbutica quale Indiana, terza forza all’Est, e riprende il suo ruolo di favorita per il titolo sperando, grazie anche ai giorni preziosi che gli offre Boston-Filadelfia andata per le lunghe, di recuperare Chris Bosh fermato in gara1 da uno stiramento agli addominali.
Proprio l’infortunio del suo centro gravitazionale è stato uno choch tremendo, e senza più il famoso trio degli Heat la squadra è stata sul punto del crollo, 75 soli punti in gara2 e in gara3 e la serataccia di Dwayne Wade che segna 5 punti, bisticcia sol suo allenatore e il giorno dopo va in visita al coach di Marquette che l’ha forgiato e aiutato anche da LeBron ritrova se stesso e finisce per essere importante quanto il miglior LeBron di sempre. E nella gara decisiva mette tutta la sua esplosività, grazie alle sue gambe con due molle d’acciaio e il gioco di piedi,da grande ballerino, che gli consentono una varietà unica nel tiro in entrata per cui non ha nemmeno bisogno del tiro da 3.
Il duo gioca per quattro, domina la scena, Wade taglia a fette la difesa di Indiana che ha molta rabbia ma poco consistenza tecnica, tutto il contrario di quella di Miami che è un vero capolavoro, vedi le 22 palle perse dei rivali, che risulta determinante come le sue individualità nella sera in cui in cui, non bastasse l’assenza di Bosh ,si trova a pagare anche il pegno delle squalifiche per alcuni fallacci, di Haslem, il suo preziosissimo Sesto Uomo, e Dexter Pittman.
E’ dunque Miami-show, tanto che sembra lontanissima la brutta crisi nell’ammirare le ultime due esibizioni, 115 punti a Miami e 105 a Indianapolis, con i 18.165 spettatori dell’Arena di Indianapolis tutti vestiti di giallo, che si sa è il colore dei Pacers ma anche della rabbia , e il suo presidente Larry Bird ripreso dalle Tv col faccione da sfinge accigliata e irritato per la risposta deludente dei suoi giocatori al rimprovero di essere stati troppo soft nella gara del possibile 3-1. Quella del capolavoro di LeBron, che oltre a segnare valanghe di punti, meritarsi anche l’oscar stagionale di miglior difensore ha dimostrato anche di essere un buon taumaturgo uscendo dal campo col braccio sul collo di Dwayne Wade che ha poi ripagato abbondantemente la sua squadra con i 41 punti e 10 rimbalzi (quasi la metà della squadra, più del celebrato Roy Hibbert!). Per l’introversa guardia che rivedremo nel Dream Team olimpico, divorziato, un flirt con Elisabetta Canalis attribuito dalla stampa rosa, il vezzo dell’abbigliamento stravagante, vedi i pantaloni color rossa, si tratta di una delle doppie-doppie di maggior valore di questi playoff, specie considerati i fattori oggettivi. Ovvero la trasferta nella scorbutica Indiana, la mancanza di Bosh e dei compagni squalificati, l’assenza di un centro tdegno di quel nome perché il leone franco-africano Romy Turiaf, con tutto il rispetto, ha fatto quello che avrebbe fatto anche un impiegato alto due metri, E cioè: tutti son capaci di non segnare un punto.
Miami scrive una pagina della pagina della NBA non nuova, ma importante, quella sull’elogio delle individualità che non bisogna confondere con l’individualismo ostentato, quello –senza volerlo offendere – di Leandro Barbosa che preso a metà stagione dai Raptors non ha saputo essere quel Sesto Uomo ideale che hanno le formazioni vincenti, come Harden di Miami, Lou Williams di Filadelfia o lo stesso Mike Miller che a Indianapolis ha messo dentro 4 bombe da 3 importanti mentre il pur simpatico brasiliano ha chiuso con zero punti e 0/9 da 3 nella serie in cui si giocava anche la carriera.
Gli starters di Indiana, col recupero-lampo del cecchino Granger infortunatosi alla caviglia nel match precedente, hanno finito tutti in doppia cifra. L’inizio è stato promettente, ma gli 11 punti di vantaggio (19-8) si sono dissolti alla prima reazione di Miami, la difesa di Vogel ha sbandato, c’è molta volontà e carenza di tecnica, poi il solito terzo tempo superbo di Miami ha determinato anche un crollo psicologico. E quando più serviva, la panchina ha mostrato le sue pecche, a parte i 5 rimbalzi di Hansbrough utili a un dominio effimero sotto canestro. Indiana non ha approfittato, questo il suo vero errore, dell’assenza di Bosh e Harden che Miami ha pagato con soli 26 rimbalzi, ma il vantaggio di ben 11 rimbalzi è stato vanificato dalla scarsa capacità di lettura del gioco, e ne ha sofferto l’All Star Roy Hibbert che poteva essere devastante e nelle ultime due gare è stato un capitale sprecato.
Erik Spoelstra ha salvato la ghirba dopo il bisticcio con Wade. “Avevano sulle spalle la responsabilità del recupero, e hanno dato tutto se stessi”, così il giovane coach di origine filippina ha descritto la performance del suo duo che è stato santificato anche da Frank Vogel, scornato dopo la provocazione tesa a mostrare Miami come una brigata di cascatori. “Bosh è un giocatore impressionante, ma quando è mancato Wade e LeBron – questo invece il commento del coach dei Pacers– hanno avuto un’occasione in più. E questo poteva essere forse uno svantaggio?. Bisogna riconoscere dunque i meriti di questi ragazzi, erano troppo forti per noi” .
Wade ha invece voluto dividere, con una bella dichiarazione, di quelle che diventano aforismi della storia sportiva, i meriti del suo show con la squadra, parlando anche a nome di LeBron: “Quando ci è mancato Bosh, abbiamo capito che dovevamo reagire. La squadra ci ha guardato, e abbiamo capito che non avremmo fatto tutto questo senza di loro”.
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